La verità della Fondazione: “Serve una ‘vera’ università, Rieti la pretenda. Consorzio? Deve avere i conti in ordine. Se va in default…”

Foto: Gianluca VANNICELLI ©

(di Giacomo Pasquetti) In seguito alle recenti dichiarazioni di Roberto Lorenzetti, che ha da poco lasciato il ruolo di Presidente in Sabina Universitas e di vice presidente della Fondazione Varrone, la Fondazione Varrone stessa ha indetto una conferenza stampa per chiarire la sua posizione. Il Consiglio d’Amministrazione della Fondazione Varrone, ha accettato all’unanimità le dimissioni di Lorenzetti. Tuttavia, il Presidente della Fondazione Antonio D’Onofrio, ha respinto in toto le motivazioni addotte da Lorenzetti: “Non vogliamo la chiusura del Consorzio Sabina Universitas, tantomeno sabotare una futura università a Rieti” ha detto D’Onofrio, che ha voluto ribadire la ferma intenzione di creare una “vera” università, una “succursale” di un ateneo esistente “e non una nuova università, che oggi non è possibile. Ma il Consorzio è un concetto superato. Non voglio chiuderlo, semmai voglio che sia in ordine (parla dei debiti di Comune e Provincia ad oggi in tutto quasi 1,6 milioni, ndr). Anche perché se il consorzio va in default, saltano anche Comune e Provincia visto che parte dei debiti non sono riconosciuti. Invece con una vera università questo consorzio potrebbe comunque continuare a fornire servizi”.

“Il Consorzio negli ultimi 20 anni è sempre stato in difficoltà finanziaria, ma la Fondazione non si è mai tirata indietro con i finanziamenti”, puntualizza D’Onofrio, numeri alla mano. Il problema del Consorzio, stando alle indagini (c’è una Due Diligence certificata) e ai dati forniti dalla Fondazione, sarebbe da rintracciarsi nell’alto costo dei servizi offerti. Il Presidente ha le idee ben chiare: “Il Consorzio Sabina Universitas non sarà mai in grado di portare l’università a Rieti e al momento non è l’università, come tanti tendono a confondere. Serve una vera università, come ce ne sono nei capoluoghi del Lazio. Per farlo occorre mobilitare tutto il territorio e ottenere una sede fisica. La Sapienza può giocare un ruolo fondamentale ed è già coinvolta nella metà dei corsi attivi a Rieti”. D’Onofrio ha ricordato i corsi di “ingegneria de la Sapienza e quello di Scienze della Montagna della Tuscia” che portano circa 120 studenti in città, escludendo dal conteggio i corsi sanitari, gestiti in accordo con La Sapienza dalla Asl di Rieti (circa 400 studenti).

Corsi universitari che, fa intendere il Presidente hanno poco appeal: “Sono quattro e hanno una media di cento frequentanti annui. Pochi. Occorre che l’offerta didattica sia utile al territorio”. Tuttavia, il Consorzio Sabina Universitas, una volta ristabiliti i bilanci, non sarà incompatibile con la vera università che vorrei e per la quale chiedo subito un tavolo con coloro che contano, dagli enti alle associazioni. Adesso “bisogna voltare pagina”, conclude D’Onofrio.

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