“Non è un gioco non andare a scuola”

Pubblichiamo un insieme di considerazioni e riflessioni degli studenti del gruppo “Reporter a Scuola” dell’EPN di Rieti.

Sono passati molti giorni da quando non abbiamo più messo piede in un’aula “vera”, non virtuale, da quando non ci incontriamo con i nostri compagni di classe, con i quali parlare, confrontarci, scherzare, da quando non vediamo i bidelli, i professori, insomma da quando abbiamo interrotto la frequenza scolastica in Istituto. All’inizio in molti siamo stati contenti, senza capire bene il dramma attuale, poi ci siamo resi conto della realtà delle cose: niente palestra, niente passeggiate, niente pizza, zone rosse, controlli … abbiamo iniziato a capire, ci siamo resi conto del sacrificio di tante persone, medici, infermieri, volontari della protezione civile, dell’impegno di chi cerca di aiutare chi soffre, e che può arrivare anche al confronto con la morte. Non è un gioco non andare a scuola, soprattutto in questa terribile vicenda che segnerà la nostra adolescenza, questa, noi malgrado, è l’occasione per capire cosa significa essere responsabili, nutrire gratitudine, rispetto verso i più deboli, comprendere il valore della vita, dell’ambiente, ma anche il valore dello stare insieme, fuori e dentro la scuola.

 

Sono giorni “confusi”, costretti, per il bene comune, a dover restare chiusi in casa, trascorrendo tanto tempo in famiglia, scoprendo sguardi, parole, gesti pieni di affetto e protezione dei nostri congiunti che, in qualche caso avevamo perso di vista, eppure sono stati sempre lì, davanti ai nostri occhi. Eravamo distratti. Ogni giorno sembra domenica, il pranzo feriale non si distingue più da quello domenicale. È un tempo “confuso” ma nel quale famiglia e scuola sono dei punti di riferimento certi, capaci di dare il senso della continuità, dell’allegria e della relazione autentica. Un tempo solo apparentemente interrotto, perché è un modo diverso di viverlo. È un tempo in cui scopriamo le nostre risorse, per ridurre lo stress, superare la noia, in cui comincia a mancare la normale routine. Internet riesce a colmare la distanza fisica necessaria a ridurre il contagio, ma è un’illusione che dura poco, in casa tutte le piattaforme sono in funzione …. iPad, smartphone, Tablet … strumenti che nel giro di poche ore hanno cambiato i “connotati”. Occorre dare una nuova organizzazione alle nostre giornate, ci siamo resi conto che dormire troppo, stanca, guardare fino allo sfinimento serie tv, non ci aiuta a sentirci veramente vivi, sembra di essere in un mondo finto, di plastica. Utilizzando strumenti considerati prima semplici “giochi”, entriamo in contatto con amici, parenti e anche con i professori seguendo le lezioni online, parlando con i compagni di classe per affrontare un compito. Insomma questi strumenti sono una finestra sul mondo e ci riconsegnano il senso dell’equilibrio delle cose. Alle attività sportive pomeridiane si sostituiscono la visione di qualche film o chiacchierate in casa sui vari sport o programmi televisivi. Nasce così un modo non diverso, ma poco praticato, di sentirsi uniti, in famiglia e a scuola. Molti docenti non si limitano a spiegare, interrogare, darci i compiti e correggerli insieme, si preoccupano di noi, ci scrivono messaggi confortanti tramite le piattaforme fornite dalla scuola. La didattica online consente un regolare apprendimento, quasi come quello in classe ma tutti, o quasi, stanno capendo il valore della lezione in presenza, quella “fisica”. Noi, come i nostri prof., sappiamo che non possiamo fare diversamente, la situazione impone un’accettazione in vista di tempi migliori, quindi andiamo avanti cercando di fare al meglio. Docenti e alunni, più o meno “tecnologici”, si sforzano di venirsi incontro.

 

Tutte le mattine effettuiamo delle videolezioni, il pomeriggio svolgiamo i compiti o studiamo gli argomenti assegnati. Abbiamo creato gruppi WhatsApp per ognuno dei nostri professori in modo tale da rendere più facile l’organizzazione delle varie lezioni che svolgiamo da casa durante la settimana. Non mancano le difficoltà, non è facile per noi studenti, e forse anche per i nostri docenti rimanere concentrati sia nel corso delle spiegazioni che nello studio personale senza mettere piede nelle aule e confrontarci giornalmente con i professori. Eppure la didattica a distanza è per noi una risorsa insostituibile per rimanere in contatto e procedere nel programma scolastico. In tanti non sapevamo nulla della didattica a distanza, eppure ci siamo messi con impegno a cercare di capire e usare le diverse app, le piattaforme e gli strumenti on-line disponibili. Abbiamo tanto apprezzato l’impegno dei docenti, anche di quelli che hanno espresso maggiore difficoltà nell’uso delle nuove tecnologie, superando in breve tempo le incertezze e aiutando anche noi a capire bene come usare la didattica a distanza. Nell’immaginario di alcuni studenti, fino a meno di un mese fa, questo tipo di insegnamento era collegato al sistema universitario, ora fa parte della nostra vita quotidiana, l’emergenza ha reso molti di noi capaci di sviluppare delle abilità inattese, che qualcuno forse non sapeva neanche di possedere. Da un lato, il supporto dei docenti, la loro passione, la loro ferma volontà di continuare a fare scuola nonostante tutto, è fondamentale, ci motiva nello studio, ci aiuta a credere in noi e in loro, nel sistema, dall’altro, in questa situazione, la didattica a distanza ci impone di contare sulle risorse personali. Certamente nessuno si sarebbe mai aspettato di vivere una situazione come quella in cui ci troviamo, chiusi in casa, con poche certezze e molti interrogativi sul futuro prossimo. Forse il senso più alto di quanto stiamo vivendo risiede nel fatto che la scuola e la famiglia ci sono, gli adulti non stanno abbandonando i loro giovani. La sensazione è quella di sentirsi uniti da un immaginario filo invisibile che lega emotivamente e concretamente docenti, alunni e famiglie. Stiamo andando avanti, a piccoli passi in qualche caso, più rapidamente in altri, ma sempre avanti, verso una riacquistata normalità che vivremo certamente in modo diverso, più consapevoli della ricchezza che ci circonda, con la speranza che questa pandemia venga sconfitta presto e ci restituisca la libertà di vivere serenamente la nostra vita. I sacrifici che stiamo facendo non saranno stati vani se “usciremo” da questa esperienza più maturi, più responsabili e soprattutto più solidali.

 

“Come sta andando la Quarantena? Come passi il tempo per non annoiarti?”. Queste le domande che ci facciamo più spesso, come se tutti non vivessimo la stessa situazione. Prima della quarantena molti di noi avevano le giornate pienissime tra scuola, studio, biblioteca, palestra, volontariato, vari corsi extra scolastici. In questo modo ci siamo presi cura di noi stessi, ma adesso, tolta la scuola e la famiglia, abbiamo scoperto un altro modo per dedicarci a noi. Alcuni leggono quel libro che, posato sul comodino da non so quanto tempo, non riuscivano mai ad aprire, altri terminano di vedere una serie tv magari iniziata a Natale e mai più finita, altri ancora disegnano, oppure aiutano le mamme o i papà a fare delle attività in casa. C’è perfino il tempo di mettere in ordine la propria stanza e di prendere il sole in giardino, di guardare il cielo e sentire gli odori di una primavera imminente. È forse questo il modo di essere più padroni del nostro tempo ? Forse stiamo capendo che non ci sono più scuse per confrontarci con il valore del tempo, di apprezzare il mondo in cui viviamo, di guardare negli occhi chi abbiamo vicino e vedere davvero chi siamo per gli altri e chi sono gli altri per noi.

 

Se mi avessero detto all’inizio di questo anno scolastico che avremmo dovuto affrontare un virus così pericoloso per il nostro Paese, non ci avrei creduto, anche perché pensavo di dover sostenere l’esame di Stato così come tanti altri prima di me hanno fatto, invece questa emergenza nazionale sta cambiando le modalità e forse anche i tempi. Ed ecco che emerge l’incertezza, la paura di quello che dovremo affrontare per la maturità, eppure c’è una sensazione di tranquillità intorno a noi, c’è chi ci rassicura che tutto andrà bene, sono i nostri prof., i prof. di tutte le scuole che non demordono, credono in noi e noi in loro. Potrebbe sembrare un pensiero scontato, una bella idea con la quale concludere un articolo, ma non lo è assolutamente perché è esattamente la verità che viviamo ogni giorno: intorno a noi ci sono persone che perdono il lavoro, non hanno più una fonte di reddito per se e per i loro cari, famiglie con profondi drammi da affrontare al proprio interno che la situazione attuale sta facendo esplodere, altre soffrono terribilmente per aver contratto il virus, in molti muoiono, ci sono medici, infermieri, volontari e tantissime persone che si danno da fare per aiutare, per sostenere chi sta in difficoltà, per assicurare un futuro a tutti; non si può non nutrire un profondo rispetto per tutti e ciò che possiamo fare è corrispondere al meglio ai nostri doveri, cercando di essere una risorsa e non un problema, dare serenità a chi ci sta intorno, manifestare così un modo per essere solidali che non emerge, non fa notizia, ma che fortifica la trama sociale che tiene insieme tutti quanti noi.

 

Tutti dicono che quando la pandemia sarà terminata il mondo sarà cambiato. Noi non lo sappiamo se davvero il mondo e l’umanità prenderà una direzione migliore, ma certamente avrà lasciato un segno in tanti di noi, probabilmente saremo la generazione degli studenti del covid19, ma avrà senso solo se riusciremo a incidere sugli eventi futuri piuttosto che appiattirci di nuovo sul mondo che il covid19 sta facendo traballare.  Tutti insieme ci stiamo dentro, tutti insieme dobbiamo uscirne. (Gli studenti del gruppo Reporter a Scuola EPN)

 

Foto: EPN ©

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