Senza Lucio Battisti da 21 anni. La sua musica per l’eternità

Il mito è incancellabile, indistruttibile come quella sua statua nei Giardini di Marzo, come quella sua voce, ieri al centro di una critica spietata e oggi anima delle più grandi canzoni del panorama musicale italiano.

Sono passati ventuno anni dalla morte di Lucio Battisti. Era il 9 settembre 1998 quando si spegneva uno dei più grandi artisti dell’epoca moderna. Lontano dalle scene (e anche dalle copertine dei suoi stessi album) da tempo, Battisti pur senza figurare su giornali e tv ,continuavaa emozionare. E lo fa tuttora, anche se è difficile trovare la sua musica online (a tutt’oggi le sue opere non sono su Spotify): l’eco della sua arte è più forte di tutto, tanto da penetrare ancora i gusti musicali delle giovanissime generazioni, pur tentate dalla musica trap, hip hop o elettronica.

Chissà cosa penserebbe oggi di questi nuovi generi musicali, lui che si era fatto molto influenzare dalla musica e dal sound estero, contaminazione che gli ha permesso di sperimentare e proporre qualcosa di nuovo, in maniera vincente.

Rieti e soprattutto la sua Poggio Bustone non lo dimenticano. I media, anche non di settore, intanto, lo celebrano ancora, tratteggiando quell’aura di mistero che prima con la sua lontanza dalle scene e poi con la sua morte, si è accesa sulla sua figura e sulla sua musica.

In 21 anni non è mai mancato il ricordo di Mogol, che lo raffigurava come attaccato alla sua terra (leggi); non si è, poi, mai perso quel tratto di leggenda metropolitana legata al suo paese natio, come quel concerto che richiamò così tante persone a Poggio Bustone (leggi).

Ossessionato dal voler essere giudicato per la sua arte e non per la sua vita privata, ha lasciato un’eredità enorme, eccezionale, intensa. Di cui Rieti e la sua Poggio Bustone sono fiere.

Foto: RietiLife ©

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