Truffa ed evasione, indagato Roberto Pietropaoli: “Tutto falso, addebitate cose non vere, lo dimostrerò”

La Guardia di Finanza di Rieti ha denunciato quattro persone, tra cui Roberto Pietropaoli, proprietario del Real Rieti, e sua moglie Antonella Cingolani, con accuse che vanno dalla truffa aggravata all’evasione fiscale all’autoriciclaggio.

PARLA PIETROPAOLI Contattato da RietiLife, Pietropaoli ha respinto tutte le accuse: “Lavoro tutti i giorni da anni, ma quale truffatore! È una teoria della Guardia di finanza e nessuno è venuto a sentirmi anzi, dopo cinque giorni dall’apertura delle indagini ho portato di mia spontanea volontà tutti i miei conti correnti mettendoli a disposizione della Finanza. Rammento che sono in quel 4% di italiani che denunciano al fisco più di 200mila euro, ed ho pagato nel 2015 più di 75mila euro di tasse, fossi stato evasore, avrei fatto questo? L’autoriciclaggio: sapete cosa mi imputano? Il pagamento di un ufficio a Malta con relativa dipendente, ho speso meno di 30mila euro, anche li tutto trasparente e a loro disposizione…

Il Real? Beh sono sotto pressione da anni e sono stufo, posso dire che con questa città ho chiuso anche se qui ci sono i miei affetti e i miei amici veri. D’altronde, non sono stimato? Tolgo il disturbo tranquillamente…

Non ho mai ricevuto multe da guardia di finanza o agenzia delle entrate da quando lavoro. Mi vengono addebitate cose non vere e lo posso dimostrare in qualsiasi momento”.

IL COMUNICATO DELLA GUARDIA DI FINANZA

Conclusa nei giorni scorsi una complessa e articolata attività di polizia tributaria e di polizia giudiziaria condotta dai militari del Nucleo di polizia tributaria di Rieti, portata a termine con l’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal Tribunale di Rieti, nei confronti di un consulente del lavoro e dell’amministratrice di una società cooperativa operante nel settore dell’elaborazione elettronica di dati contabili.

L’indagine, partita nel 2016 con l’avvio di due distinte verifiche fiscali nei confronti dei due imprenditori, rispettivamente marito e moglie, si era poi estesa e ramificata a diverse società italiane ed estere ubicate in Paesi a fiscalità privilegiata.

Quattro sono state le persone denunciate alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rieti, mentre l’imponibile complessivamente “eroso” al fisco ammonta a circa un milione e novecentomila euro, per un’evasione di imposte, tra dirette ed indirette, che supera i settecentomila euro.

Numerosi sono stati i titoli di reato contestati dai finanzieri i quali, grazie anche al penetrante strumento delle indagini finanziarie, hanno fatto emergere un articolato sistema di emissione ed utilizzo di false fatture che ha visto coinvolti in via principale i due coniugi.
Fra gli altri reati, compare anche il sopraggiunto autoriciclaggio, entrato in vigore nell’anno 2015. Per gli importi trasferiti dagli stessi verso i conti correnti delle altre imprese sempre facenti capo alla stessa compagine familiare, si è infatti configurata quella fattispecie delittuosa, che prevede la punibilità nei confronti di “chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto in modo da ostacolarne la provenienza illecita”. Si ricorderà che si rese necessaria l’introduzione di siffatta misura nel nostro ordinamento per via delle sempre più crescenti dimensioni del fenomeno e per il grave impatto che creava sul regolare svolgimento delle attività economiche.

Ma le contestazioni nei confronti dei due soggetti non si esauriscono qui. Atteso che la società cooperativa era a mutualità prevalente, la medesima, per il particolare regime tipico delle società cooperative, a fronte di benefici fiscali avrebbe dovuto reinvestire parte dei suoi utili. Al contrario, gli indagati, con il trasferimento di importi per oltre ottocentomila euro verso i conti di altre aziende, di fatto si sono resi responsabili anche del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, poiché in caso di non reinvestimento una percentuale di tali somme sarebbe dovuta andare ai Fondi Mutualistici per la cooperazione e lo sviluppo gestiti dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Allo scopo di evitare l’ablazione dei beni accumulati, i due indagati si erano rivolti al Tribunale del Riesame che ha invece rigettato tale richiesta. Su ordine dell’Autorità Giudiziaria, i finanzieri hanno quindi posto sotto sequestro beni nella disponibilità dei due imprenditori per un importo di oltre cinquecentocinquantamila euro, attraverso il rinvenimento ed il blocco di 7 conti correnti bancari, di un deposito a risparmio, di 4 polizze assicurative, di una carta magnetica e di 5 conti titoli.

L’attività della Guardia di Finanza si inquadra in un più ampio contesto a tutela di una pluralità di beni quali il patrimonio, l’ordine economico ed il risparmio ove, con l’aggressione dei patrimoni accumulati in modo illecito, si cerca di restituire alla collettività quanto illegittimamente sottrattole.

Foto: RietiLife ©

Print Friendly, PDF & Email