FEDERLAZIO, PRESENTATA L’INDAGINE 2014: “LA RIPRESA ANCORA NON C’È”

Una stazionarietà che inserita in un contesto recessivo rischia di essere il sintomo di un sempre più lungo periodo di stagnazione e che fa il paio con la cautela registrata tra gli imprenditori reatini, i quali fanno fatica a risollevare le proprie attività in assenza di un quadro istituzionale chiaro e di un sistema di convenienze delineato in maniera coraggiosa e sinergica tra gli enti territoriali.

E’ quanto emerge dall’indagine congiunturale sulle piccole e medie imprese del Lazio relativa al secondo semestre 2014 presentata oggi presso la Federlazio di Rieti dal presidente Riccardo Bianchi e dal direttore Giuseppe Scopigno.

“Se da un lato, – ha spiegato il presidente della Federlazio di Rieti- possiamo infatti affermare con un ragionevole grado di sicurezza che sembra essersi arrestata la corsa verso il basso della nostra economia ed anzi una prima inversione di tendenza sembrerebbe ormai essersi affacciata, dall’altro continuiamo a rilevare che i cambiamenti di segno non sono mai tali da poterci considerare fuori pericolo. Questo soprattutto in assenza di interventi decisivi di politica economica da parte delle istituzioni”.

“Lo scenario politico sembra maggiormente concentrato su temi istituzionali e su riforme che, se avranno ricadute positive e concretamente misurabili sul rilancio dell’economia, – ha illustrato Bianchi – le avranno in tempi lunghi, comunque troppo lunghi rispetto alle necessità più impellenti del mondo dell’impresa e del lavoro. Quanto al resto, ancora non si vedono iniziative politiche di governo capaci di dare gambe solide e una direzione precisa a quei flebili segnali di ripresa finora appena accennati. A tal proposito, ad esempio, non sembrerebbe andare nella direzione giusta il dibattito in corso sul Jobs Act, e in particolare la sterile discussione sull’art. 18, né quello relativo al TFR in busta paga. Federlazio ritiene che siano prioritari altri interventi, mirati a semplificare drasticamente gli oneri burocratici che frenano lo sviluppo e a ridurre la pressione fiscale sulle imprese”.

Tra le richieste di Federlazio rivolte alle amministrazioni comunali: lo snellimento ed efficientamento della macchina burocratica ed i tempi di risposta alle domande del mondo imprenditoriale ed un intervento sul carico fiscale nei confronti delle imprese, ragionando in una prospettiva di sviluppo e non “di cassa”. Quanto alla Regione, “confidiamo che la giunta regionale prosegua sulla strada del pagamento dei debiti verso le imprese, nonché della riduzione della pressione fiscale sulle imprese stesse e sul lavoro.”

Per il presidente Bianchi, è necessario individuare “un nuovo sistema di convenienze” che possa attrarre nuovi investimenti sul territorio, “ad esempio rimettendo in circolo a costi concorrenziali il patrimonio di manufatti industriali dismessi costruiti con i fondi della Cassa del Mezzogiorno, rivoluzionando il sistema di accesso al credito che permetta anche alle start up di dare gambe alle proprie idee senza dover per forza disporre di consistenti patrimoni immobiliari e puntando invece sulle prospettive reddituali dei rispettivi progetti imprenditoriali”.

Come indicato da Bianchi, è fondamentale che le aziende, per puntare ad un vero rilancio, prendano coscienza che nulla potrà essere come prima, anche dal punto di vista di nuovi metodi produttivi e di una nuova organizzazione del lavoro, ed essere consapevoli che innovazione costante e apertura sui mercati internazionali sono e saranno sempre più le leve verso cui orientare la loro azione.

“A supporto degli sforzi delle PMI, – ha precisato – il territorio deve dar luogo ad azioni finalizzate al trasferimento e alla diffusione delle tecnologie, nei settori dell’industria legata alla green economy, della meccanica, della robotica, delle tecnologie per l’automazione, dei processi di fabbricazione ed assemblaggio per l’innovazione produttiva e della logistica. Azioni che devono sempre essere sostenute dalla ricerca (CNR, ENEA, Università) e dalla promozione e diffusione puntuale dei risultati della stessa, nei confronti delle esigenze reali delle imprese. Tutto ciò orientato a risultati concreti per le nostre imprese situate in un’area, definita “Sistema produttivo locale dell’innovazione”, dove è necessario e non più rimandabile creare strutture che consentano di testare le innovazioni della ricerca aprendo, pertanto, sbocchi di mercato particolarmente importanti per l’applicazione e la commercializzazione delle loro produzioni e la competitività del nostro territorio relativamente ad una offerta qualitativamente vendibile”.

“Purtroppo, in quest’ottica, – ha aggiunto Bianchi – ci sembra tutt’altro che positiva la decisione di ridimensionare le Camere di Commercio con il dimezzamento dei contributi camerali, sia pure spalmato su tre anni, che rischia di assestare un colpo mortale a quei flebili segnali di reazione che qua e là il tessuto produttivo sta generando. Tutto ciò vale ancor di più per la provincia di Rieti, caratterizzata in via pressoché esclusiva da piccole e medie imprese, per le quali il ruolo della Camera di Commercio diventa centrale e strategico per le funzioni svolte, dalla tenuta del registro delle Imprese, al SUAP, passando per la risoluzione extragiudiziale delle controversie e i servizi volti all’internazionalizzazione, alla facilitazione all’accesso al credito per le PMI attraverso un continuo supporto ai Confidi”.

Scendendo nel dettaglio dell’indagine, analizzando i dati su ordinativi e fatturato, il direttore Giuseppe Scopigno ha evidenziato una dinamica del mercato interno che permane negativa, anche se in lieve miglioramento rispetto al semestre scorso, mentre rimangono positivi i saldi di opinione relativi alle domanda dai mercati internazionali. “Tuttavia, ad una lettura più approfondita, – ha illustrato – questi dati ci indicano il cristallizzarsi di una congiuntura che certo non lascia presagire prospettive di crescita sostenuta; è una stabilità, quindi, che non può essere certo vista come un segnale positivo, anche perché si inserisce in un contesto recessivo che induce a pensare più che altro ad una stagnazione del nostro tessuto economico”. Nel corso del primo semestre 2014, infatti, il saldo di opinioni sull’andamento di ordinativi e fatturato dal mercato domestico resta negativo. Rimane positivo invece il saldo di opinioni relativo alle dinamiche del mercato internazionale. “Ma se mettiamo in relazione i dati attuali con le previsioni a breve sui prossimi mesi, – ha spiegato Scopigno – emerge che per quanto concerne ordinativi e fatturato, i saldi di opinione mostrano solo un lieve miglioramento per quanto riguarda il mercato nazionale, mentre invece per i mercati esteri sembra affermarsi un netto peggioramento, in controtendenza rispetto alle medie regionali”.

Un segnale incoraggiante arriva sul fronte investimenti: il 22,7% delle imprese intervistate ha dichiarato di averne effettuati nel primo semestre 2014, percentuale più che raddoppiata rispetto al semestre precedente, ma sempre piuttosto contenuta, mentre nel secondo semestre 2014 scende al 18,6% la percentuale di imprenditori che prevede di effettuare investimenti.

Qualche flebile segnale positivo anche sul fronte dell’occupazione: nel primo semestre 2014 la percentuale di aziende che l’hanno aumentata passa dal 2,6% al 9,5%, mentre si contrae la percentuale delle imprese che ha dichiarato di aver ridotto gli organici (dal 20,5% al 9,5%). Ma anche riguardo alle previsioni su occupazione, purtroppo, i dati raccolti presumono una tendenza negativa.

Tra le principali problematiche segnalate dagli imprenditori al primo posto rimane il “ritardo dei pagamenti da parte dei clienti privati” (segnalato dal 36% degli intervistati), in aumento rispetto al semestre precedente (27,9%). Al secondo posto si attesta il “ritardo dei pagamenti della PA” (18,7%). Scende al terzo posto la “insufficienza della domanda” che riduce il suo peso al 17,3% rispetto al 23,5% del secondo semestre 2013. Seguono la “mancata concessione del credito bancario” e la “impossibilità a partecipare agli appalti”, rispettivamente all’8% e al 6,7%, da interpretarsi probabilmente come segno di scoramento tangibile da parte delle PMI, che vedono ormai credito asfittico e burocrazia come ostacoli impossibili da superare.

Inoltre, rispetto alle medie del Lazio, la provincia di Rieti è caratterizzata da un minor tasso di crescita delle imprese (0.45%, la metà rispetto alla media regionale), da una più bassa apertura verso i mercati internazionali, oltre che da un minor grado di innovazione.

“Per far fronte a questa situazione – conclude il direttore Scopigno – il ruolo dell’associazione dovrà sempre più essere quello di stimolare e agevolare la collaborazione e la complementarità fra le eccellenze imprenditoriali del nostro territorio, che hanno di fronte a loro lo sfida di vincere una certa diffidenza a cooperare, e mettersi in rete per integrare competenze diverse, rafforzando così la capacità di fare innovazione, di creare marchi, di vendere e di aprirsi ai mercati internazionali”.

Foto: Gianluca VANNICELLI/Agenzia PRIMO PIANO ©

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