È inserita nel cuore della città, a due passi dalla piazza del Comune; la chiesa di Sant’Antonio Abate, il cui recupero venne da subito sostenuto dall’attuale amministrazione (fin dagli albori della campagna elettorale del 2017) dopo il ritrovamento di un quattrino coniato nella antica zecca di Gubbio, probabilmente un ex-voto (risalente al primo anno di pontificato di Papa Innocenzo XII°, 1691) incastrato dietro una cornice che copre la superficie della porta, continua a regalare scoperte. Con lo stanziamento di 300 mila euro da parte della Sovrintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti, nel giugno scorso, sono partiti i primi lavori di verifica del rischio sismico, riduzione della vulnerabilità e restauro dell’intera struttura che porta la firma di un architetto illustre come Jacopo Barozzi da Vignola. L’analisi delle cripte ha portato alla luce i resti scheletrici umani che, dopo la verifica da parte di un’antropologa, sono stati, proprio in questi giorni, traslati presso il cimitero di Rieti per una degna sepoltura. Un valore architettonico e storico tale che la Sovrintendenza ha deciso di procedere ad un nuovo stanziamento di circa 400 mila euro per un totale di 700. Una somma cospicua che avrà il compito di restituire alla cittadinanza uno dei luoghi simbolo di Rieti. Ne parliamo con la docente e consigliere comunale Letizia Rosati. Servizio di Chiara Pallocci. Immagini e montaggio di Antonio Priori.

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