(di Christian Diociaiuti) Rieti lo sa fare, ogni tanto: si guarda allo specchio, si riconosce, si prende un po’ in giro… e poi si vuole bene. E quando a farle da specchio sono Luca Di Benedetto e Germano D’Ambrosio, allora il riflesso diventa uno spettacolo di oltre due ore che fila via come un treno, due sold out secchi il 7 e 8 dicembre al Flavio, e la sensazione di assistere a qualcosa che, più che uno show, è un ritorno a casa. Di quelli che profumano di sollievo dopo un viaggio in Cotral in fuga da una Roma e una Salaria bagnate dalla pioggia.
“Quettenventi” festeggia i 20 anni del duo comico-musicale che dai primi passi al Liceo Classico, passando per gli Stigmata, è diventato la colonna sonora di vizi, virtù e tic reatini. Vizi, virtù: sarà retorica, ma Luca (quello alto con la chitarra) e Germano (quello che canta con gli occhiali) pur musicando, la faccia dei reatini l’hanno disegnata come un dipinto iper realista, che resiste all’IA e alle Oasi Blu. Come nella Gioconda, di sfondo il racconto di una città che brontola, si lamenta, inciampa… eppure non tradisce mai se stessa.
Il ritmo dello show? Incisivo. Mai banale. E non è facile per Luca e Germano che città e provincia “le hanno mattonate”, ormai conosciutissimi e amatissimi. Un medley e un brano dietro l’altro, assaggi da ogni epoca della loro carriera per non smarrire neanche uno dei vent’anni che hanno accompagnato intere generazioni. Canzoni vecchie, nuove, rinnovate: tutto messo lì con una precisione quasi chirurgica, eppure con quella goliardia spontanea che è diventata marchio di fabbrica. Che non stanca mai.
Gli ospiti erano noti da giorni — e infatti hanno aiutato non poco a spazzare via gli ultimi biglietti — ma vederli calcare la scena è stata un’altra storia. E allora ecco Antonio Cicchetti, ex sindaco, chiamato sul palco come “vittima designata” di pezzi o gag che, più che sfottò, sono manifestazioni d’affetto mascherate da satira. Si rivede, si emoziona, pensa a Magnotta, sorride, si lascia abbracciare dal duo e dal teatro. Una fotografia perfetta della Rieti che resta.
Poi arriva la voce limpida di Chiara Focaroli che gioca con le canzoni di Anna Tatangelo, il timbro caratteristico di Stefano Fiori dei Ratti della Sabina — incarnazione vivente della reatinità sabina che si sposa da sempre col mondo di Luca e Germano — e il folk di Michele Patacchiola e Barnaba De Angelis, con una fisarmonica che sembra nata apposta per questo spettacolo. Non manca l’occhio sulla cronaca: il duo cita anche RietiLife e un suo tg per introdurre una canzone che affonda radici nella quotidianità cittadina. È quel modo tutto loro di far convivere passato e presente, nostalgia e attualità, senza perdere il sorriso.
In platea, intanto, il sindaco Daniele Sinibaldi si diverte, applaude, e “incassa” sportivamente il “mi manchi” rivolto a Cicchetti. Germano, con la sua ironia chirurgica, domanda se sia presente anche l’ex alleato di Sinibaldi, Claudio Valentini, oggi lanciato verso Palazzo di Città. Battute che volano leggere, ma dal retrogusto affilato: la politica reatina fa parte del gioco, e il pubblico lo sa fin troppo bene.
E poi, il doppio momento emozione: un assolo di Luca, una melodia che basta da sola, perché non serve fare nomi. Lidia Nobili è lì, richiamata senza chiamarla, ricordata senza retorica, con la musica che dice tutto. La vittima preferita del duo non c’è più. Siamo certi sarebbe stata in prima fila, sgargiante e sorridente a prendersi le battute di Germano e le risatine di Luca. Batte forte il cuore per Marco Graziosi: si sarebbe divertito al Flavio, portando il suo tocco alla Rino Gaetano, se solo qualcosa di più grande non gli avesse strappato lo spartito davanti poche settimane fa.
È questo il segreto di Luca e Germano: vent’anni di palco e pancia reatina, un amore viscerale per la città, un “odio buono”, un astio, un cinismo, propositivo per la città, sperando che migliori.
Luca e Germano volevano essere “un duo”, parafrasando Lucio Corsi. Alla fine sono diventati molto di più: sono la parte di città che racconta se stessa in versi, senza sconti, dicendo la verità ridendo. E ieri sera, al Flavio, quella città li ha ascoltati, li ha applauditi, amati. D’altronde Rieti è sempre uguale, imperfetta. Ma almeno autoironica.
Foto: Christian DIOCIAIUTI ©








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