A distanza di dieci giorni dallo sciopero del 18 novembre, gli operatori Cup, Recup e degli uffici amministrativi delle Asl del Lazio tornano a farsi sentire. Anche oggi, in tutta la regione, si sono registrate nuove proteste con una manifestazione a Roma, mentre il malcontento continua a crescere.
L’obiettivo è sempre lo stesso: costringere la Regione Lazio ad ascoltare e prendere provvedimenti concreti dopo anni di appalti al ribasso, contratti precari e stipendi che difficilmente permettono una vita dignitosa. A guidare la mobilitazione, ancora una volta, il Cobas Lavoro Privato.
Le ragioni della protesta sono le stesse denunciate nello sciopero del 18 novembre, quando i lavoratori avevano incrociato le braccia per l’intero turno, scendendo in presidio sotto il Ministero della Salute. La scintilla resta il nuovo appalto dei servizi amministrativi, giudicato insufficiente persino a coprire i costi del lavoro. Una scelta che, secondo i sindacati, espone gli operatori al rischio di ulteriori tagli, peggiorando una condizione già compromessa.
Gli addetti ai servizi Cup, Recup, call center e uffici amministrativi lavorano da anni con contratti part-time involontari — spesso 20 o 25 ore settimanali, in molti casi solo 15, come alla ASL di Rieti — e con un inquadramento economico considerato inferiore rispetto a quello riconosciuto da diverse sentenze del Tribunale del Lavoro di Roma. A tutto questo si aggiungono ritardi nei pagamenti da parte di alcune ditte appaltatrici e il rischio di una riduzione delle retribuzioni fino al 15% con il cambio di “casacca” e il rinnovo degli appalti.
Le lavoratrici e i lavoratori chiedono:
riconoscimento dell’anzianità maturata negli anni di lavoro precario;
adeguamento dell’inquadramento contrattuale e della retribuzione secondo quanto stabilito dalle sentenze del Tribunale del Lavoro;
aumento progressivo delle ore settimanali per tutti i contratti part-time, dando priorità ai più bassi;
avvio di un percorso di stabilizzazione, tramite concorsi riservati o la creazione di una società in house che permetta alla sanità pubblica di gestire direttamente questi servizi.
Per il Cobas, rappresentato da Domenico Teramo, si tratta di una vera emergenza sociale che non può più essere ignorata. “Le lavoratrici e i lavoratori non possono essere ostaggio di appalti al ribasso che durano da decenni. È ora di garantire diritti, tutele e un futuro occupazionale stabile.”
La Regione, al momento, non ha ancora dato risposte concrete. E il messaggio dei lavoratori è chiaro: la mobilitazione non si fermerà finché non arriveranno impegni reali.








Rieti Life L'informazione della tua città








