Foto: Emiliano GRILLOTTI © Stadio San Siro Milano
Regalo del direttore di RietiLife Emiliano Grillotti ai lettori. Le foto della partita della nazionale dallo stadio San Siro di Milano
A San Siro serviva un mezzo miracolo. È arrivata una scoppola. L’Italia di Gennaro Gattuso, chiamata a vincere con un punteggio irreale per ribaltare la differenza reti e qualificarsi direttamente ai Mondiali, crolla 4-1 contro una Norvegia cinica, feroce e trascinata dal solito Haaland. Altro che impresa: stavolta restano solo i rimpianti. E un playoff di marzo che, a questo punto, somiglia più a un esame di maturità che a un semplice spareggio.
E dire che l’inizio lasciava spazio a un briciolo di ottimismo. Esposito, pescato da Dimarco, gira in porta il pallone dell’1-0 e fa tremare per un attimo l’aria gelida del Meazza. Ma basta poco per capire che la serata non è quella dei tempi d’oro. L’Italia crea, spreca, sbanda. Dimarco sfiora il raddoppio, Esposito ne mangia uno clamoroso. Il resto è una lenta discesa.
La Norvegia entra in partita alla distanza e, una volta trovate le misure, fa quello che sa fare: verticalità, velocità, cattiveria. Nusa, lasciato libero come se fosse un turista, infila Donnarumma per l’1-1. Da lì, il sipario cala con la delicatezza di una saracinesca che cade a piombo.
Poi arriva lui, inevitabile come l’alba: Haaland. Prima la girata deviata da Bastoni, poi la doppietta-lampo che nasce da un nostro errore e finisce puntuale sotto la traversa. Due legnate da bomber vero, mentre la difesa azzurra si scompone come un castello di carte al primo soffio di vento. San Siro ammutolisce, Gattuso si strappa la voce, e il tabellone dice 4-1. Una sentenza.
I cambi non cambiano nulla. Scamacca ci prova, Zaccagni porta energia, ma la serata è segnata. Troppo fragile l’Italia, troppo feroce la Norvegia. E lo strappo con la realtà è brutale: non siamo più quelli che comandano il gioco in Europa, e non bastano grinta e storia per cavarsela quando dall’altra parte c’è un treno biondo che si chiama Erling.
Adesso resta un’unica strada: i playoff. Una trappola che l’Italia già conosce e che, se presa sottogamba, può fare danni enormi. Servirà compattezza, lucidità e — finalmente — una prestazione da squadra vera. Quella che oggi non si è vista.
Tradizione vuole che dalle difficoltà nascano le risposte migliori. Bene: è il momento di dimostrarlo. Perché questa figuraccia pesa, eccome. E marzo è molto più vicino di quanto sembri.








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