Cobas: “Italpol Vigilanza condannata per attività antisindacale”

Il 17 luglio 2025, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Rieti ha accolto il ricorso presentato dai Cobas del Lavoro Privato, assistiti dagli avvocati Carlo Guglielmi e Gabriele Cingolo dello studio legale Lavoro Vivo, condannando Italpol Vigilanza per comportamento antisindacale ai sensi dell’art. 28 della Legge 300/70 (Statuto dei Lavoratori).

La sentenza dispone il reintegro immediato della RSA Cobas presso l’appalto di SDA a Passo Corese, annullando il trasferimento ritenuto illegittimo.

I fatti

All’inizio di aprile 2025, un gruppo di lavoratori Italpol in servizio presso il magazzino SDA di Passo Corese ha deciso di affiliarsi ai Cobas del Lavoro Privato, esasperati da un clima lavorativo definito “intimidatorio” e da condizioni ritenute insostenibili. In quell’occasione, è stato eletto come RSA (Rappresentante Sindacale Aziendale) il lavoratore D.P.

Secondo quanto denunciato dal sindacato, la reazione dell’azienda è stata immediata ma tutt’altro che costruttiva: anziché aprire un confronto con i lavoratori, Italpol avrebbe disposto il trasferimento punitivo del rappresentante sindacale, rimuovendolo dal sito SDA e spostandolo su altra sede a Rieti.

La dichiarazione dei Cobas

In una nota diffusa dopo la sentenza, i Cobas del Lavoro Privato commentano così la vicenda:

“Uno sciocco tentativo, realizzabile solo da una società indisponibile al dialogo e abituata a calpestare i diritti dei lavoratori, tanto da rivendicare nelle proprie memorie difensive il diritto di disporre a piacimento della vita dei propri dipendenti, che oggi è stato respinto al mittente.”

Un monito per il futuro

Il sindacato esprime soddisfazione per l’esito della vicenda e auspica che la sentenza funga da deterrente per comportamenti futuri simili:

“Ci auguriamo che quanto deciso dal Giudice del Lavoro di Rieti possa evitare nuovi comportamenti di Italpol Vigilanza tesi a reprimere l’attività e la libertà sindacale dei propri dipendenti, nonché che sia da monito per quei ‘marescialli o caporali’ abituati ad abusare del proprio potere gerarchico per costringere il personale, addetto alla vigilanza armata e non armata, a turni e condizioni di lavoro insostenibili, in cambio peraltro di retribuzioni infime e assolutamente insufficienti a far condurre una vita decorosa come disposto dalla nostra Costituzione.”

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