(r.l.) Un presidentissimo reatino porta il Rieti in C. Già, di per sé, questa è una storia. Bella. Perché in una città e in un territorio in cui le risorse scarseggiano, allestire una squadra di calcio competitiva e vincere la Serie D laziale non è facile. Quel presidente ha un nome e cognome: Riccardo Curci, il cui progetto, tra pregi e difetti e una marea di sacrifici, nei tre anni che lo hanno visto da solo al comando, è risultato vincente se si considera, oltre al trionfo odierno, anche una semifinale playoff giocata (tre stagioni fa) e un playoff vinto, l’anno scorso.
Il presidente tifoso (nella foto abbracciato dalla moglie Mirella), contagiato da papà Francesco (nella festa, uno sguardo al cielo il patron l’ha rivolto pensando a lui…), oggi si ritrova tra i professionisti. Una gioia, un onore, un impegno. Ma anche un pass di diritto nell’antologia sportiva (e non solo) della città di Rieti. Perchè quell’imprenditore, quell’ottico, ha fatto più o meno tutto da solo, ripartendo dopo aver acquisito la società da Fedeli, migrato nel 2015 a San Benedetto.
Curci è da sempre vicino al calcio: prima da sponsor, poi da proprietario (in una prima fase con altri due soci, poi con Fedeli, infine da solo), nelle ultime stagioni ha vissuto ogni gara con partecipazione e a tratti, ansia. In casa sempre in panchina, in trasferta a passeggio sugli spalti per smaltire quella tensione che solo un grande tifoso come lui può comprendere. Oggi la liberazione da ogni preoccupazione: i sacrifici sono stati ripagati con un titolo che la società e lui stesso cercavano.
E adesso? La nuova sfida per il presidente e la dirigenza reatina è il futuro, quello dei professionisti, in cui il prestigio e l’interesse aumentano, così come i costi da sostenere. A partire dall’iscrizione, passando per la gestione ordinaria, le giovanili professionistiche, l’adeguamento delle strutture di allenamento gioco e molto altro. E poi chi rimarrà? Chi se ne andrà? C’è un nuovo socio? Uno sponsor? Oggi è il giorno della festa, ma da domani ci si dovrà per forza lavorare (in realtà, ci si lavora da tempo). Perché il calcio, prima che un costo, possa essere un’opportunità per Rieti e i reatini.
Foto: Gianluca VANNICELLI/Agenzia PRIMO PIANO ©