“Oltre la paura del Pronto Soccorso: il grazie a un infermiere che cura anche con il cuore”

 

Lettera di una lettrice a RietiLife.

Quando la cura è molto di più

“Gentile Direttore,
La pregherei di pubblicare quanto di seguito riportato.
Cordialmente le giungano i miei sinceri auguri di buone festività”.

È con queste parole che una cittadina reatina ha scelto di affidare alla stampa una testimonianza che va oltre la cronaca e diventa riconoscenza, difesa del servizio pubblico e valorizzazione di chi, ogni giorno, lavora lontano dai riflettori.

“Circa una settimana fa mio marito è rimasto vittima di un infortunio sul lavoro ed è stato condotto al Pronto Soccorso del nostro ospedale. In un momento di paura e smarrimento, tra i volti che lo hanno accolto ce n’era uno che spiccava su tutti; quello di Alberto, un infermiere con le ali”.

Un racconto che nasce dall’esperienza personale ma che assume un valore collettivo.
“Scrivo queste righe non solo come moglie riconoscente, ma anche come dipendente ASL e con un forte spirito di appartenenza. Proprio per questo mi ferisce sentire spesso parlare male del nostro ospedale e di ‘malasanità’ in modo generalizzato. Perché accanto alle criticità – che esistono e vanno affrontate – ci sono professionisti straordinari che ogni giorno lavorano con competenza, umanità e dedizione”.

Il nome è quello di Alberto Tomassetti, infermiere del Pronto Soccorso, ma la storia affonda le radici più lontano nel tempo.
“Conosco Alberto da tempo. L’ho incontrato per la prima volta durante il terremoto di Amatrice del 2016, quando in tanti ci siamo ritrovati a collaborare fianco a fianco per gestire un’emergenza importantissima. Anche allora Alberto si distingueva: sguardo attento, poche parole, mani operose. In quei giorni difficili pensai subito che quello fosse veramente il lavoro cucito addosso a lui”.

Un’impressione confermata anni dopo, in un contesto diverso ma altrettanto delicato.
“Ritrovarlo anni dopo, in Pronto Soccorso, accanto a mio marito, è stato come rivedere confermata quella certezza. L’attenzione, l’empatia, la dolcezza nei gesti e nelle parole non sono dettagli: fanno parte integrante della cura”.

Un messaggio chiaro, che va dritto al punto:
“Perché curare non significa solo intervenire sul corpo, ma anche prendersi carico della persona, delle sue paure, di chi le sta accanto”.

Il ringraziamento finale è personale ma simbolico.
“Non finirò mai di ringraziare Alberto Tomassetti per ciò che è e per ciò che rappresenta. Attraverso lui voglio dire grazie a tutti quegli operatori sanitari che, spesso in silenzio e lontano dai riflettori, tengono in piedi il nostro sistema sanitario con professionalità e cuore”.

E la conclusione è una lezione semplice, antica e sempre attuale:
“Quando la cura è soprattutto molto altro”.

Foto: RietiLife ©

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