La misura, stavolta, sembra davvero colma. La RSR Sebastiani Rieti – e in particolare il patron Roberto Pietropaoli – ha appreso con sconcerto e profonda amarezza l’ennesimo episodio di vandalismo ai danni del campo dedicato a Kobe Bryant. Una scena già vista, purtroppo, che la società aveva denunciato in passato e che ora si ripresenta con la stessa, identica violenza: panchine divelte, canestri praticamente distrutti, sporcizia ovunque. Un insulto non solo allo sport, ma alla città intera.
Il campo dedicato a Kobe non è un vezzo estetico né un capriccio societario: è un investimento privato pensato per offrire a Rieti un luogo di aggregazione vero, pulito, aperto a tutti, senza distinzioni. Un punto di incontro per i ragazzi, un simbolo positivo in una città che di spazi così ne avrebbe un bisogno vitale.
E invece, ancora una volta, qualcuno ha deciso di trasformarlo in un bersaglio.
La Sebastiani non usa giri di parole: “Siamo amareggiati, affranti, delusi ed arrabbiati”. E come darle torto? Quando investimenti personali, frutto di risorse e lavoro, vengono umiliati così, finisce che ti chiedi davvero se ne valga la pena.
Il messaggio che arriva dal club è amaro ma chiarissimo: ciò che è accaduto finora non ha insegnato nulla a nessuno. E la domanda – quella vera – resta sospesa nell’aria come una sentenza inevitabile: ha senso andare avanti in questo modo?
Una città che non sa proteggere i suoi spazi migliori perde qualcosa ogni giorno. E non si tratta solo di sport. Si tratta di rispetto, di civiltà, di futuro.








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