A oltre un secolo dall’eccidio di Canneto Sabino, la memoria non si spegne. E il 10 dicembre 2025 la CGIL di Rieti Roma Est Valle dell’Aniene, insieme allo SPI CGIL Lega Sabina, al SUNIA provinciale e alla sezione ANPI “Edmondo Riva” di Fara Sabina, torneranno sul luogo della strage del 1920 per onorare le undici vittime di quel giorno di fuoco, in cui la richiesta di un salario dignitoso si trasformò in tragedia.
La commemorazione sarà accompagnata dall’inaugurazione di due panchine rosse, dedicate alle donne uccise e ferite durante la manifestazione del 10 dicembre 1920. Un gesto simbolico che lega la memoria di un fatto storico drammatico a una battaglia purtroppo attualissima: quella contro la violenza sulle donne.
L’eccidio di Canneto Sabino fu uno degli episodi più sanguinosi della storia delle rivendicazioni sindacali italiane. Undici morti, tra cui due donne, e diciotto feriti – otto dei quali donne – colpiti mentre chiedevano condizioni di lavoro più giuste nella raccolta delle olive. Una pagina che per anni qualcuno ha provato a relegare nell’ombra, ma che la comunità sabina si ostina, giustamente, a non dimenticare.
«Non dobbiamo lasciare che l’oblio se ne impossessi», è il messaggio delle organizzazioni promotrici. Il ricordo di quel giorno, spiegano, non è solo un tributo alle vittime, ma anche un impegno civile che attraversa il tempo: difendere la dignità del lavoro e combattere ogni forma di violenza e ingiustizia.
Un ruolo fondamentale, nella conservazione della memoria, lo hanno avuto Emolo Ceccarelli e Giovanni Franzoni, ai quali viene riconosciuto il merito di aver impedito che la storia dell’eccidio venisse cancellata. A chi rimane – sindacati, associazioni, cittadini – spetta il compito di portare avanti la loro opera e di considerare quei lavoratori e quelle lavoratrici per ciò che furono davvero: martiri del lavoro e della giustizia.
Il 10 dicembre, dunque, non sarà solo una commemorazione. Sarà un impegno rinnovato verso la storia e verso il presente. Perché ricordare non è mai un esercizio del passato: è un dovere verso il futuro.
Foto: Cgil ©








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