Rieti antica e la sua valorizzazione: rifacimento del manto stradale di via Garibaldi

 

Il rifacimento di via Garibaldi a Rieti è un’occasione mancata per valorizzare la storia romana della città. L’intervento avrebbe potuto evidenziare la vicinanza della cinta muraria del III sec. a.C., integrando la riqualificazione con segnaletica e riferimenti storici. Senza memoria, avverte l’archeologo Nestore Ciaramelletti, il patrimonio rischia di restare invisibile e irrilevante.

Rieti antica e la sua valorizzazione: rifacimento del manto stradale di via Garibaldi

Occasione mancata?

Rieti è una città che, da sempre, nasconde sotto i suoi passi una storia antica. Spesso cittadini e visitatori non prestano attenzione a ciò che si cela sotto il piano stradale, anche perché mancano cartelli, segnali o brevi descrizioni che raccontino cosa si trovi realmente sotto vari strati di terra.

Migliaia di anni di urbanizzazione hanno in parte stravolto l’assetto originario della città, pur mantenendo l’orientamento ortogonale delle strade con assi principali di cardo e decumano.

Sotto il selciato moderno del centro storico si nasconde un patrimonio unico: il circuito difensivo romano, imponente opera di ingegneria militare risalente, con ogni probabilità, alla prima metà del III secolo a.C. Un tratto di mura che, in parte visibile e in parte inglobato negli edifici, testimonia l’importanza strategica di Reate, una delle principali città sulla Via Salaria.

Via Garibaldi: un’occasione di valorizzazione persa

Il rifacimento di via Garibaldi – attualmente previsto fino alla sede della Cassa di Risparmio – avrebbe potuto trasformarsi in una straordinaria occasione di valorizzazione storica e culturale. Portare il nuovo selciato in sampietrini fino alla cinta muraria romana, all’incrocio con via San Francesco, avrebbe reso evidente che proprio qui si trovava una delle porte principali di accesso alla città da sud.

Una storia millenaria

La storia di Rieti in età romana non si limita alle mura. Studi topografici, indagini archeologiche e fotografie aeree della Seconda Guerra Mondiale hanno ricostruito un territorio abitato sin dall’Età del Ferro, scelto per la sua posizione strategica:

  • la collina di travertino che domina la pianura,
  • il controllo delle valli del Velino, del Turano e del Salto,
  • i collegamenti con Umbria, Marche e Abruzzo.

Dopo la conquista romana, grandi opere di bonifica – come la Cava Curiana – trasformarono l’ager reatinus in una delle aree agricole più produttive del Centro Italia.

Memoria e identità

Oggi, però, la percezione pubblica di questa storia è debole. Spesso i ritrovamenti archeologici vengono gestiti con più attenzione alla rimozione che alla valorizzazione. Nel caso di via Garibaldi, il progetto di ripavimentazione sarebbe potuto diventare un racconto a cielo aperto, integrando la riqualificazione urbana con chiari riferimenti all’antico.

La cinta muraria di Rieti, lunga circa 1.380 metri, racchiudeva un’area di otto ettari. Un dato che deve far riflettere non solo sul ruolo militare della città in epoca repubblicana, ma anche sulla necessità di renderlo un punto di forza turistico e culturale.

Il rischio dell’invisibilità

La nuova pavimentazione di via Garibaldi è bella e funzionale, ma senza memoria rischia di essere solo un intervento estetico, falsando la percezione dei veri limiti della città antica. Sarebbe bastato aggiungere pannelli informativi, segnaletica o una diversa pavimentazione per indicare il passaggio delle antiche mura e della Via Salaria.

Rieti ha una storia straordinaria, ma se non viene raccontata, resta invisibile. E col tempo, ciò che è invisibile rischia di diventare anche irrilevante.

Dott. Nestore Ciaramelletti
Docente e Archeologo

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