Quando un medico scrive per la pace: Gaza e la notte di San Lorenzo

All’ospedale di Rieti, Antonio Favarò non è soltanto un nome di riferimento per la nefrologia, ma anche una voce sensibile capace di esprimere emozioni e riflessioni attraverso la poesia. In queste righe, che abbiamo il piacere di pubblicare, il medico reatino lascia emergere il lato più intimo e umano, quello che spesso accompagna il suo impegno professionale.

Il componimento che segue è un esempio di come la parola possa diventare strumento di cura, non solo per il corpo ma anche per l’anima.

Stanotte su Gaza nun cadranno stelle comete, 

saranno scie de razzi ppe’ ricordacce quanto a ‘sto mondo semo pazzi.

Nun saranno nemmanco stelle cadenti, 

ma lacrime de bambini morenti,

che nun riusciranno nemmeno a esprime’ ‘n zogno, 

che sarebbe quello de cui tutti li figli der mondo c’hanno bisogno. 

Io me chiedo e domando a Israele perché tanto fiele,

e tu, governo italiano, che vennendo ‘n cerino inneschi l’incendio,

de la costituzzione italiana fai vilipendio. 

Art 11; l’italia ripudia la guerra, nun manna armi ppe’ fa’ mori’ e seppelli’ sotto terra.

Allora stanotte tutti co’ la testa in sù, a supplica’ se esiste er buon Gesù,

che sia pace sulla terra e nun bambini a mori’ ppe’ la guerra.

Con questa poesia, Favarò ci ricorda che dietro il camice c’è una persona capace di osservare, sentire e raccontare, e che la medicina e la letteratura, pur percorrendo strade diverse, possono incontrarsi in un punto comune: la profonda attenzione alla vita.

 

 

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