Prigionieri del Nanga Parbat, una voce nuova sul racconto di una spedizione

Il doppio evento sull’alpinismo himalayano al Nanga Parbat (8126 m) e il concetto di limite, alla presenza dell’alpinista e attivista vicentino Alberto Peruffo, ha affascinato e indotto alla riflessione gli spettatori, gli alpinisti presenti e i soci del CAI. Giovedì a Roma negli spazi di Rrtrek e sabato 9 marzo a Rieti, presso il Comando della polizia locale, si è tenuto il terzo evento di cultura di montagna del CAI di Rieti. Alla presenza del Comandante della Stazione dei Carabinieri di Rieti Vincenzo D’Ippolito, di Pino Calandrella Direttore della Scuola di Alpinismo Franco Alletto e di Pasquale Guetti delegato del CNSAS Rieti, la serata ha coinvolto un’ampia platea attenta e curiosa di ascoltare narrazioni differenti sull’alpinismo himalayano.

Nel dialogo riflessivo tra l’alpinista reatino Enrico Ferri e Alberto Peruffo –  già compagni in spedizioni in Himalaya e sulle Ande – l’alpinista veneto ha raccontato del successo della spedizione da lui guidata che ha visto il suo amico peruviano César Rosales raggiungere la vetta del difficile Ottomila insieme con i valdostani François Cazzanelli guidati da Marco Camandona. Altre spedizioni, grandi, sponsorizzate o commerciali hanno invece fallito o forzato la salita con ossigeno e grande uso di corde fisse e sherpa. Una spedizione memorabile (estate 2022), durante la quale si è trovato il secondo scarpone che apparteneva a Gunther, il fratello di Messner, morto lungo la salita al Nanga 52 anni fa. Impressionanti le storie minime, i retroscena dei protagonisti, come le valanghe immense che si sono viste nelle foto e nei filmati durante i racconti. L’evento, intitolato “Prigionieri del Nanga. Tra record e salite forzate”, ha messo al centro i valori sportivi e sociali di collaborazione tra gli alpinisti, ma ha gettato un punto di vista sempre poco raccontato e che ha a che vedere con le contraddizioni di queste sfide straordinarie in cui la soglia del rischio resta altissima nonostante la costosa tecnologia a disposizione. Attraverso immagini che hanno emozionato tutti, ricordando anche le figure di Daniele Nardi e Tom Ballard morti sul Nanga, Peruffo ha sottolineato come l’alpinismo si stia allontanando dai valori fondamentali e si trasformi sempre più velocemente, al punto che il tentativo o la rinuncia alla cima è soggetta a tante variabili inimmaginabili nel secolo scorso. I diversi temi della pressione psicologica di carattere “commerciale” e culturale, eccessi di competizione ed egocentrisimi a cui è soggetto un alpinista sono stati alcuni degli argomenti sollecitati dalle domande del pubblico, di “facce scolpite” – dalla notevole attenzione e reazione – come le ha definite il Presidente del CAI di Rieti Francesco Battisti.Una parentesi di approfondimento è stata aperta sulla costosissima pista da bob a Cortina che difficilmente sarà finita, segnata oggi dal sacrificio recente di centinaia di larici secolari per le Olimpiadi invernali 2026. Peruffo è un attivista socioambientale da anni impegnato in battaglie civili in Veneto e ha spiegato chiaramente non solo l’insostenibilità economica e ambientale dell’operazione, ma anche la difficile via della giustizia sul piano dell’opposizione giuridica quando un’opera diventa strategica per il governo. Infine ha fatto un cenno alla bellezza e al rispetto ecosistemico dei luoghi da trasmettere al futuro, compreso il Monte Terminillo.

Il prossimo appuntamento con gli eventi di cultura del Cai di Rieti sarà dedicato al concetto del limite legato alla figura luminosa e illuminante di Don Milani, parroco di montagna, e alle sue innovative proposte formative ancor oggi attuali (e disattese).

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