Mandante di un omicidio, rintracciato in una casa di cura nel Reatino: “Metodo mafioso”

La direzione distrettuale antimafia di Roma, tramite Dia e Carabinieri, ha disposto l’arresto di un 67enne per un omicidio commesso nel 2019 alla Magliana a Roma. L’arrestato, che si trova in carcere a Rieti dopo esser stato rintracciato in una casa di cura del Reatino, è ritenuto uno dei due mandanti dell’omicidio di un altro uomo, a cui e stato sparato davanti a moglie e figlio di fronte a un asilo nel quartiere Capitolino ormai 5 anni fa. Per lui, l’altro mandante e l’esecutore del materiale dell’omicidio è stata riscontrata l’aggravante di tipo mafioso. Sotto, la nota della Procura di Roma.

Su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma in data 7 febbraio 2024 veniva data esecuzione dalla D.I.A., Centro Operativo di Roma, dalla Squadra Mobile della Questura di Roma e dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Roma, al decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione Distrettuale Äntimafia di Roma, seguito dalla emissione di orlinanze cautelari
coercitive da parte dei Giudici per le Indagini Preliminari competenti in relazione al luogo di
esecuzione dei fermi, nei confronti di Ugo Di Giovanni (cl. 1957), Emiliano Sollazzo (cl. 88) e Fabrizio Olivani (cl. 63) ritenuti gravemente indiziati dei reati di omicidio pluriaggravato in concorso e di porto illegale di armi da fuoco in concorso per aver svolto, rispettivamente, il ruolo di mandanti (i primi due) e di esecutore materiale (il terzo) dell’omicidio di Sergio Gioacchini, colpito sulla pubblica via nella zona della Magliana da diversi colpi di arma da fuoco mentre si trovava all’interno dell’auto vettura lui in uso la mattina del 10 gennaio 2019. I suddetti soggetti sono stati ritenuti, allo stato del procedimento, gravemente indiziati del reato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dal metodo mafioso nei termini che seguono: “per il delitto p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3 c.p. 416-bis 1 c.p., perché, in concorso tra loro, Di Giovanni e Sollazzo, in qualità di mandanti, pianificavano ed organizzavano il delitto procurando il motoveicolo e l’arma da utilizzare ed ospitando in una abitazione nella loro disponibilità, nei giorni immediatamente precedenti al fatto, Olivani incaricato della esecuzione del mandato omicidiario, cagionavano la morte di GIOACCHINI Andrea, detto Barbetta, nei cui confronti Olivani esplodeva quattro colpi di pistola calibro 7,65 mentre la vittima si trovava a bordo dell’autovettura Toyota Yaris unitamente alla compagna, di fronte all’asilo dove aveva accompagnato i propri figli. Con
l’aggravante di avere agito con premeditazione, essendo stato l’omicidio programmato con largo
anticipo in modo da essere eseguito pochi giorni dopo la scarcerazione di GIOACCHINI Andrea
(avvenuta in data 6 gennaio 2019), attraverso numerosi sopralluoghi e la predisposizione di mezzi
(il procacciamento dell’arma impiegata per l’omicidio e del motorino a bordo del quale ha operulo l’esecutore materiale), finalizzati alla esecuzione del delitto. Con l’ulteriore aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione al assoggettamento e al omerta che ne deriva avendo commesso il fatto con modalita in concreto idonee ad evocare l’agire mafioso e ad affermare la supremazia criminale nel quartiere romano della Magliana*
Alla compiuta ricostruzione delle dinamiche che hanno condotto alla pianificazione e alla realizzazione dell’omicidio si è pervenuti grazie alla convergenza di articolate attività investigative sviluppate dalla Direzione Investigativa Antimafia, Centro Operativo di Roma, dalla Squadra Mobile della Questura di Roma e dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Roma con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia.
Le attività di indagine si sono sviluppate grazie all’integrazione di tradizionali strumenti investigativi, quali i servizi di osservazione e l’assunzione di prove dichiarative, con l’effettuazione di attività tecnica di intercettazione e mediante l’analisi di chat di criptofonia. Alla acquisizione degli elementi di prova
che consentivano di delineare il quadro di gravità indiziaria nei termini di cui si è detto hanno concorso le rilevanti dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia.
Il procedimento versa tuttora nella fase delle indagini preliminari, con la conseguenza che per tutti gli indagati vige il principio di presunzione di innocenza.

Foto: RietiLife©

 

Print Friendly, PDF & Email