‘Il Lazio che dona’, Takeda promuove le donazioni di sangue: “Così potremmo raggiungere l’autosufficienza sui farmaci plasmaderivati”

Foto: Riccardo FABI © 

Si è tenuto oggi presso l’Aula Magna della ASL di Rieti, un incontro multidisciplinare organizzato da Takeda, in collaborazione con ASL Rieti e Centro Regionale Sangue, dal titolo “Il Lazio che dona” per discutere sul tema della donazione di plasma nel Lazio. Al dibattito hanno partecipato medici ospedalieri, esperti di settore e associazioni nazionali di donatori. Nelle menti di tutti i presenti, una sola domanda: “come incentivare le donazioni di plasma per raggiungere la totale autosufficienza nazionale nella produzione di farmaci plasmaderivati?”.

Il consumo di farmaci plasmaderivati, anno per anno, è infatti in continua crescita: un fenomeno legato a fattori quali l’invecchiamento della popolazione o l’approvazione di nuove indicazioni terapeutiche. A partire dal plasma donato, industrie farmaceutiche convenzionate con lo Stato, come Takeda, producono dei farmaci salvavita fondamentali nel trattamento di condizioni cliniche acute e croniche quali le immunodeficienze primitive, malattie neurologiche, emofilia e altri disordini congeniti della coagulazione.

La limitata disponibilità di plasma e la crescita del numero di pazienti che ha bisogno di farmaci plasmaderivati accresce la competizione fra Paesi per il loro approvvigionamento. Da qui la grande attenzione per l’Italia che dipende dall’estero per una parte significativa (circa il 30%) del fabbisogno di plasmaderivati.  La situazione diventa ancora più difficile se si considera l’impatto dell’emergenza Covid sulle donazioni di plasma: un calo nelle raccolte di circa il 6% nel Lazio, in linea con i dati nazionali.

In Italia circa l’80% del plasma donato (sia tramite plasmaferesi che ricavato da donazioni di sangue intero) viene inviato alle industrie farmaceutiche convenzionate con il Sistema Sanitario Nazionale per essere trasformato in farmaci plasmaderivati, cruciali per la cura di malattie rare e gravi. Solo il restante 20% è invece inviato tal quale agli ospedali per l’uso clinico dei pazienti. Un dato che lascia intendere l’importanza di disporre di processi di lavorazione all’avanguardia capaci di trasformare il plasma in farmaco salvavita rispondendo così alla crescente necessità dei pazienti.

Alla conferenza, moderata dal giornalista Christian Diociaiuti, erano presenti Massimiliano Barberis (nella foto in evidenza) e Stefano Navari, rispettivamente Amministratore Delegato e Responsabile della Qualità di Takeda Manufacturing Italia, Annarita Egidi, Amministratore Delegato di Takeda Italia, l’Assessore Sanità e Integrazione Socio-Sanitaria, Alessio D’Amato, il Direttore Sanitario della ASL Rieti la Dr.ssa Assunta De Luca e il Direttore del Centro Regionale Sangue Lazio, la Prof.ssa Stefania Vaglio.

“Il plasma è una fonte preziosa – ha dichiarato l’amministratore delegato di Takeda Manufacturing Italia, Massimiliano Barberis – perché non è prodotto per sintesi chimica – come avviene per altri farmaci – ma la sua disponibilità dipende esclusivamente dalle donazioni spontanee dei cittadini. La cura di diverse gravi malattie dipende dunque in primo luogo dalla disponibilità dei cittadini a compiere un atto di generosità donando il plasma e poi dalla capacità dell’industria di trasformare il plasma in farmaco. Occorre quindi sensibilizzare le persone a donare”.

Per alimentare e promuovere il dibattito pubblico intorno all’importanza della donazione, Takeda ha poi aperto le porte del suo stabilimento di Rieti, tra le migliori realtà produttive mondiali nel campo della lavorazione del plasma per consentire di osservare, in prima persona, la complessità del processo produttivo che trasforma il plasma in farmaco salvavita. Infatti, grazie all’aggiudicazione, nel 2018, della gara che concorre al programma del Ministero della Salute di “Autosufficienza Nazionale del sangue e dei suoi prodotti”, Takeda è partner del Sistema Sanitario Nazionale italiano ritirando e trattando il plasma donato nelle strutture trasfusionali e nelle unità di raccolta delle Regioni Toscana, Marche, Campania, Lazio, Molise e Ispettorato Generale della Sanità Militare.

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