Francesco Trabattoni, incubo Covid finito: “Ero alla Porta di San Pietro. A casa dopo 5 mesi. Famiglia, amici e colleghi mi hanno salvato”

(di Christian Diociaiuti) “Voglio che la mia testimonianza sia utile a chi non crede. Dategli il mio numero. E voglio che si sappia che torno a casa. Dopo cinque mesi. Dopo esser stato quasi alla porta di San Pietro”. Piglio deciso e genuino, sorriso, si intuiscono anche dalla telefonata: è il dottor Francesco Trabattoni a parlare. Stimato ortopedico reatino, 62 anni, oggi torna a casa dopo più di 150 giorni d’inferno. La causa del calvario è il Covid. I sintomi, la saturazione che va sotto a 85 (il valore normale è attorno a 99), la corsa in ospedale e poi in Terapia Intensiva. E una riabilitazione lunga, molto.

“Tutto è iniziato l’8 novembre. E pensare che il giorno prima avevo operato, in clinica, ad Ascoli– dice Trabattoni a RietiLife – poi ho accusato stanchezza, malessere. Avevo fatto un test rapido, ma era negativo. Poi sono andato a fare il tampone. Mentre aspettavo il referto, però, ero già in ospedale con l’ambulanza: la saturazione diceva 85. Non mi sentivo male, ma dalla mia famiglia, mia moglie Fabrizia, è arrivato l’obbligo di chiamare il mio medico, Baglioni, e poi il 118. È stata la mia salvezza. Quando sono arrivato in ospedale l’emogas ha dato valori più che preoccupanti. Ed ero positivo”. Ma Trabattoni, in un reparto “normale” come Malattie Infettive, sta pochissimo. Finisce subito in Terapia Intensiva. E in coma: un mese e mezzo. Passa Natale, è gennaio: “Quando mi sveglio sono praticamente tetraplegico – aggiunge Trabattoni – muovo a malapena la testa, non riesco a rimboccarmi le lenzuola. Il coma mi aveva letteralmente mangiato i muscoli. Appena realizzo penso: Dio mio, aiutami tu”.

Il dottor Trabattoni è un cultore del gentleman lifestyle: passione per i motori, per lo sport – ex cestista, innamorato dell’amarantoceleste della palla a spicchi e del calcio, spesso medico sociale dei club cittadini – per il fumo lento. Ama il sigaro. Toscano, cubano. Un omone da 105 kg: tutto altezza, spalle, muscoli. “Adesso peso 85 kg, come quando da ragazzo giocavo a basket. Come si spiega che il virus indebolisca anche persone come me? Che se te deve pijà bene, te pija…” spiega, rafforzando col dialetto quello che neanche lui, un professionista della medicina, riesce a spiegare. “Mia moglie, grazie a dio, ha avuto il virus ma senza problemi” sottolinea. Dopo la Terapia Intensiva al De Lellis e le cure della squadra di Alessandra Ferretti, Trabattoni passa in Malattie Infettive sempre al De Lellis e poi il Santa Lucia a Roma (dal 18 febbraio) per riprendere forma e vigore, rimettersi in forma: “Oggi esco – annuncia – sto bene, mi alzo, mi muovo. Ho rivalutato tante cose: la famiglia, gli amici, un bicchiere di buon vino. Quando fumerò un sigaro? Non posso divorziare…” scherza.

“Io ne parlo tranquillamente, ma quello che ho passato è stato un inferno – dice il dottor Trabattoni – voglio che la mia storia si sappia e sia utile a chi non crede. Mascherina, vaccini, evitate assembramenti. Si rischia, eccome. E se non ci sentono, dategli il mio numero che glielo racconto io…”. Trabattoni oggi tornerà a vedere fisicamente la famiglia (ha due figlie), la moglie (“Sia ringraziato chi ha inventato i cellulari e le videochiamate”), ma non può scordare chi lo ha strappato alla foga del virus: “Devo fare il mio ringraziamento sentito al personale tutto della Terapia Intensiva, da Alessandra Ferretti che ha sempre informato la mia famiglia, a tutto il personale medico, infermieristico, ausiliario. Impagabili. Non faccio nomi, dimenticherei qualcuno. C’è un gruppo di amici che ha lavorato a testa bassa per tirarmi fuori da questa situazione. Lo stesso vale per Malattie Infettive, nessuno escluso. E poi il personale del Santa Lucia di Roma, i fisioterapisti. Tutti vicini a me e alla mia famiglia. E a proposito di quest’ultima: grazie a loro, a mia moglie Fabrizia. Che prova che ha dovuto superare in questi cinque mesi. Un lasso di tempo dove ho scoperto di avere tanti amici. Inoltre, non posso che ringraziare il personale della clinica Villa San Marco di Ascoli e lo staff del ristorante La Croisette di San Benedetto del Tronto”.

E adesso, il lavoro? “Un libero professionista come me che non lavora da 5 mesi, solo a pensarci, sta male. Ma credo che per ora vada bene così. E con calma, valuteremo il da farsi”. Bentornato, Trab!

Foto: Gianluca VANNICELLI ©

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