Massimiliano, tecnico di radiologia reatino che lavora in UK: “A contatto con positivi, ma sempre negativo. Perché?”. Si studiano ‘gli immuni per natura’

(ch.di.) Arriva dall’Inghilterra la segnalazione, riflessione, interrogativo, che pubblichiamo oggi. E che apre uno scenario scientifico interessante, legato alla “resistenza” al virus di alcuni soggetti. La riflessione ce la invia Massimiliano, radiographer reatino che lavora in UK. È un tecnico di radiologia che ha studiato in città ed è andato a lavorare fuori da qualche anno. Anche lui sta lottando in prima linea contro il covid in uno dei paesi che in queste settimane è più colpito, nonostante la campagna vaccinale a ritmo serrato.

“Da quasi 5 anni lavoro come tecnico di radiologia in Inghilterra, in un ospedale pubblico – spiega Massimiliano a RietiLife – ovviamente come tante altre persone entro costantemente in contatto con malati di covid di vario tipo. Tra cui anche terapie intensive, sale operatorie covid, rianimazione. Tutto a tema covid. Dall’inizio della pandemia fino a oggi ho sempre cercato di proteggermi con il materiale (spesso alquanto discutibile) fornito dall’NHS (la nostra Asl). Nel nostro ospedale dall’inizio della pandemia fino a adesso s’è visto un aumento di covid in maniera spropositata. Come spesso succede un po’ ovunque tutti gli operatori sanitari sono sottoposti a tamponi e prelievi per anticorpi. Il mio a luglio era negativo. Zero anticorpi. Non ho mai avuto il virus. I mesi passano – continua Massimiliano – e io alla fine sto bene, mai avuto niente. Verso ottobre la mia fidanzata, che lavora qui come equivalente del nostro oss, dopo aver passato 2 giorni totalmente insieme, comincia a stare male. Risulta positiva al covid e di conseguenza io, che ero stato a contatto con lei, ho dovuto isolarmi per 14 giorni. E non nascondo che sono stato in pensiero, perchè dai cioè dovevo averlo preso per forza. Dopo 2 giorni dal contatto faccio il primo tampone: negativo. Passano i giorni ma comunque mi sentivo bene, come se niente fosse successo, normale.. la mia ragazza, mi dovete credere, era completamente devastata ha rischiato la vita nonostante abbia 27 anni. È stato davvero spaventoso. Passano 12 giorni e prima di tornare a lavoro faccio un altro tampone. Secondo tampone negativo: ero incredulo, dato che comunque ne sentivo di cotte e crude. Gente positivizzava con un niente e io che c’ero entrato in contatto super stretto ero negativo. Mai avuto nemmeno un accenno di febbre. E questo non è il solo contatto: a dicembre la situazione è degenerata qui e lavorando in radiologia tradizionale e tac sono entrato a contatto con pazienti intubati. Ma ho sempre nella mente quello che mi è, cioè che non mi è successo, e quindi volevo sapere se è stato un caso isolato oppure se qualcun altro ha sperimentato situazioni simili”.

Non sappiamo se l’interrogativo di Massimiliano c’entri, ma è di questi giorni la notizia che la scienza vaglia la situazione degli “immuni per natura”, persone cioè che non si contagiano con il covid per costituzione, non si infettano anche se a contatto ravvicinato e duraturo con un positivo. Oltre 250 laboratori in tutto il mondo, coordinati dalla Rockfeller University di New York indagano sulla cosa. C’è anche il Policlinico Tor Vergata nella ricerca: “Quando c’è una pandemia i fattori in gioco sono il patogeno, l’ospite e l’ambiente, ossia il contesto in cui si sviluppa l’infezione – spiega Giuseppe Novelli come riporta TgCom24, genetista del policlinico Tor Vergata di Roma e presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini di Milano – Noi ci siamo concentrati sulla seconda. Studiamo il dna delle persone, facciamo correlazione statistica in base all’età e al sesso. Ci siamo prima concentrati sui malati gravi – spiega ancora Novelli – e abbiamo scoperto che esiste un 10-12% di casi che hanno una caratteristica genetica particolare, non riescono cioè a produrre interferone che è la prima molecola di difesa” LEGGI QUI. 

Foto: RietiLife ©

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