“Ho avuto il covid. Il mio grazie agli operatori sanitari, vi racconto il mio film…” LA LETTERA

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di una lettrice. La firma è della dottoressa Irene Giangreco Marotta.

All’improvviso i brividi di freddo, la temperatura si alza a 38.5 e dolori muscolari. Vaccino antinfluenzale fatto, lo so già è Covid 19. Sempre all’improvviso dopo diversi giorni nonostante i farmaci, la situazione peggiora: non mi reggo in piedi, la fatica l’affanno mi tolgono anche le parole. E’ domenica notte, da sola mi chiamo il 118 e con le mie gambe salgo sull’ambulanza che con lampeggiante acceso è l’unica cosa che illumina il buio. Qui inizia il Mio FILM: all’improvviso tutto ciò che era solo visto in Tv diventa tragicamente reale, i Caschi per respirare Oddio a me no, la terapia intensiva, tutti intubati non può succedere a mee! Arrivo al pronto soccorso Covid: un bunker, niente finestre solo luce artificiale non sai più se è notte o giorno; una stanza a pressione negativa e una barella che sarà il mio letto per 6gg e intorno a me sempre e solo dolore sofferenza, anche di una persona che conosco, che sento disperarsi, una stanza ci separa e non posso aiutarla.

E’ un pronto soccorso e le situazioni di emergenza arrivano eccome (non sono diminuiti i malati!) sia nel pronto soccorso Covid sia in quello triage con codici rossi e pieno all’inverosimile. Chi c’è in questo Inferno?! LORO: MEDICI, INFERMIERI, OSS, TECNICI DI LABORATORIO per esami immediati. E io a LORO mi sono affidata; li ho guardati ammirata prendersi cura senza sosta in condizioni indicibili per chiunque. Io dopo due minuti dentro quella tuta sarei svenuta e basta!! e LORO a farmi i prelievi con tre paia di guanti e la visiera appannata. Si tante ma tante punture, ho scoperto con dolore che cosa è l’emogas! ma non ho fatto un fiato o quasi, stavano facendo l’impossibile e mi chiedevano scusa perché sapevano che mi stavano facendo male. Ho scelto di rendere pubblici questi miei pensieri, e chi mi conosce sa quanto io sia lontana da queste modalità. Della riservatezza ne ho fatto la mia Professione e dell’insegnamento ed educazione la passione per i “miei” ragazzi.

Sono e sarò riconoscente a vita per il lavoro prezioso, professionale, umano che queste persone hanno scelto di fare. Ma scegliere di fare questo lavoro non significa DIVENTARE CARNE DA MACELLO, lavorare con turni disumani, con le tute non poter bere, mangiare, andare al bagno! in un ambiente che non è stato ristrutturato per tempo e a dovere e doversi occupare di tutto il pronto soccorso, sempre loro sempre gli stessi! eppure sento gente che sputa sentenze “l’hai scelto tu sto lavoro sennò non lo facevi, te pagano”. A LORO la mia Stima e da CITTADINA il dovere di difenderli SEMPRE davanti a parole pronunciate senza sapere, senza conoscere e con tanta superficialità o forse per esorcizzare la paura profonda quella che ti paralizza o ti fa proiettare all’esterno, sugli altri la colpa di tutto.

A tutto il personale del Pronto Soccorso di cui vorrei tanto scrivere Nome e Cognome e onorarli pubblicamente, alle Farmaciste che mi hanno consigliato e assistito, al mio Medico di Medicina Generale Vi voglio ringraziare e augurare uno Spirito del Natale che porterete dentro di voi mentre sarete in corsia e io forse sarò Sola/Isolata ma felice di dirvi GRAZIE.

 

Grazie a

Dott. Antonello Venga

dott. ssa MariaLuce Nocco, dott Mauro Sottili, dott. ssa Benedetta Vanni, dott ssa Emanuela Maira, dott Domenico Sanesi, dott Gabriele Tornese, dott Matteo Dionisi, dottssa Rosa Masi

Gli infermieri/e Valeria, Roberta, Cristina, Annie, Gianluca, Alberto e tutti tutti di cui ho dimenticato o non saputo il nome

Il tecnico Castrogiovanni Marco

Foto: RietiLife ©

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