La notte buia della Repubblica: a cinquant’anni dal ‘golpe Borghese’ l’intervista di Adriano Monti

(di Chiara Pallocci) Tora Tora ed una notte di cinquanta anni fa. “Italiani, l’auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo”. Questo il proclama che Junio Valerio Borghese, leader del Fronte Nazionale, la mattina dell’8 dicembre 1970, avrebbe dovuto lanciare dalla televisione, informando il Paese della sua presa del potere: un golpe, il golpe Borghese. Tra le fila dei “congiurati” anche Adriano Monti, medico chirurgo oggi novantenne, reatino d’adozione dopo il matrimonio, che torna a parlare dell’operazione “notte di Tora Tora” (dal blitz giapponese a Pearl Harbor) sulle pagine de Il Giornale.

Nell’intervista realizzata da Luigi Mascheroni (in occasione dell’uscita del libro “Il golpe Borghese” edito Luni e Monti autore) ripercorre le fasi cruciali del mancato rovesciamento “bianco”: “Il governo, anche se militare, avrebbe dovuto indire elezioni, in un nuovo clima, entro due anni – ha raccontato Monti – E l’indicazione che arrivava dagli Stati Uniti era che Andreotti diventasse garante democratico del nuovo corso”. Servizi Segreti statunitensi, con i quali “Siegfried” (nome in codice di Monti) sarebbe stato il tramite, P2, mafia (pare che per il “lavoro sporco” vennero scomodate addirittura le tre reali B: Buscetta, Bontate e Badalamenti, circostanza che però il medico smentisce), alte sfere dello Stato e militari. Da ogni strato della società politica giunge l’appoggio al putsch: “Luigi Solidati Tiburzi (contiglianese, avvocato, ndr) mi disse che quella notte io dovevo rimanere a disposizione – racconta Monti – alloggiato a Roma, non distante dalla sede del Ministero degli Esteri. Cosa che feci. Quando riceverai una telefonata, mi disse, ti recherai velocemente lì”. Junio Valerio Borghese, il Principe nero, invece, aspettò quella telefonata (che non arrivò mai), in uno stabile in costruzione in zona Bufalotta, a 80 km da Rieti.

La chiamata avrebbe dovuto annunciare l’inizio delle operazioni di occupazione e saccheggio dell’armeria del Ministero dell’Interno (che stando alle autorità inquirenti sarebbe riuscita grazie a Stefano Delle Chiaie che però, secondo Monti “Non c’entrava nulla, si fece solo bello dopo”) e l’occupazione della sede Rai di via Teulada, affidata ad una colonna di 197 guardie forestali partita dalla Scuola della Guardia Forestale di Cittaducale con 14 automezzi e guidata dal Maggiore Luciano Berti. “Alle 2:15 di notte non avevo ancora ricevuto indicazioni – prosegue Monti – quindi chiamai Orlandini”. Tutto annullato e cordata forestale rispedita al mittente. Perché e chi bloccò tutto? “Per mesi non seppi nulla – riprende Monti – poi ho ricostruito. Furono il Generale Vito Miceli e l’Ammiraglio Gino Birindelli, su ordine del Mossad che non era favorevole ad un Governo Andreotti. Troppo filo-palestinese”. E Giulio Andreotti sapeva? Se sì, quanto? “Minoli glielo chiese – ha raccontato il chirurgo reatino – e lui rispose che non sapeva nulla. Ma fu strano, apparve insicuro e imbarazzato. Io mi sono fatto l’idea che qualcuno lo avesse informato”.

In questa intervista e nel libro “Il golpe Borghese” la verità di Adriano Monti. Come andarono davvero le cose rimarrà tra le pieghe di uno dei tanti misteri della Repubblica. Una storia nella Storia, insabbiata e riportata alla luce, solo 4 anni più tardi, da un’inchiesta de L’Espresso.

L’INTERVISTA COMPLETA

Foto: web ©

 

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