Dalle costruzioni di San Francesco alla giornata delle mongolfiere: scopriamo Turania con ‘Paese che vai’

Ennesimo appuntamento con la confermatissima rubrica settimanale di RietiLife Paese che vai” che, curata dalla nostra Martina Grillotti, punta a far conoscere, ai reatini e non, i nostri comuni. 73 bellezze tutte da scoprire, tra architettura, storia, gusto, appuntamenti. “Paese che vai” punta a creare un almanacco, un’agenda, che permetta a tutti di saperne di più dei nostri paesi, di scoprirli prima leggendo e poi visitandoli, in un weekend, in un giorno, per una vacanza lunga o corta, per un pranzo o una cena. Vi consiglieremo cosa visitare e gli eventi irrinunciabili cui è impossibile non partecipare. RietiLife è disponibile a integrazioni e segnalazioni, pronta ad ascoltare tutte le realtà del territorio. Scriveteci! [email protected]

(di Martina Grillotti) Dalla storia preromana alla “festa delle mongolfiere”, Turania è un paese da scoprire in ogni angolo: visitiamolo insieme.

DOVE SI TROVA? – Turania sorge nella Valle del Turano al confine geografico tra Lazio e Abruzzo, il suo territorio è situato a 703 metri sul livello del mare e si estende per 8,51km quadrati, il comune dista da Rieti circa 32 km e conta in tutta la sua superficie 230 abitanti.

QUANDO NASCE? – Le fonti storiche sul paese, originariamente chiamato Petescia, fanno risalire la sua nascita all’incirca all’890 d.C. e appartengono ad un documento che registra una donazione concessa al Monastero di Farfa, uno dei monasteri più importanti all’epoca del centro Italia. L’insediamento è probabilmente di origine preromana, come dimostra il rinvenimento di numerosi tesori che fanno pensare ad una presenza umana nei pressi della località di San Donato e faceva sicuramente parte del “Patrimoniun Sancti Petri” (donazioni terriere fatte al Papa) probabilmente nel gruppo ricordato con il nome di “Patrimonium Sabinum et Carseolanum”. In seguito alle invasioni barbariche e alla formazione del Ducato Longobardo nel 571 d.C., iniziarono anni di guerre e devastazioni che modificarono profondamente il Patrimonium con spartizioni delle terre secondo lo stile dei conquistatori. Sul finire dell’VIII secolo durante il regno di Carlo Magno si ebbe un breve periodo di tranquillità ma l’Italia divenne ben presto preda dei popoli del vicino Oriente lanciati alla conquista del Bacino Mediterraneo. Gli storici sono concordi nel ritenere che, proprio in questo periodo, inizio 900 d.C., si iniziò a costruire castelli sulle alture mentre prima si notavano solo ville, corti e casali. “Castrum Petesiae”, così per molti secoli fu chiamata Turania e ciò è descritto in alcuni documenti del tempo come territorio ricco di castagneti e fondi adatti alla coltura della canapa. Si aprì ben presto il periodo della vendetta contro la Chiesa che vide l’unificazione nel 1111 dei due poteri politico-temporale nelle mani dell’Imperatore e la conseguente distruzione delle città rimaste fedeli al Pontefice. La maggior parte dei castelli del Lazio in questi secoli subirono distruzioni e ricostruzioni e i singoli destini dei diversi paesi della Sabina non si possono ricostruire con precisione anche se è chiaro che per secoli sarebbero rimasti alla mercé delle famiglie baronali. Tuttavia, fino alla cattività Avignonese ci fu un periodo di relativa pace; quando poi si riaccesero le lotte tra le diverse famiglie nobili, Petescia passò con estrema facilità dall’una all’altra. Nel 1399 risulta affidata a Landolfo Colonna, periodo questo caratterizzato da guerre e pestilenze che decimarono la popolazione e resero le terre semideserte. Nel 1437 il Paese passa dai Colonna agli Orsini, Conti di Tagliacozzo, costituendo un unico feudo con Montorio in Valle, Pozzaglia e Canemorto. Attraverso Maria Orsini passò a Muzio Tuttavilla che la vendette, a sua volta, a Carlo Muti, il quale vi unì Vallinfreda facendone un unico Fidecommesso, che doveva passare indiviso ai propri eredi e che viene ricordata con il nome di Valle Muzia. Risalgono a quest’epoca le due Chiese di Santa Maria del Carmine e del SS. Salvatore. Nel 1632 Michelangelo Muti, con autorizzazione del Papa Urbano VIII, permutò Petescia ed altri centri con il Principe Marcantonio Borghese dando iniziò così ai tre secoli circa di feudo Borghese. Tipiche del tempo, furono le continue lotte per la definizione dei confini e della relativa giurisdizione tra i vari paesi, rimanendo celebre quella intercorsa tra i Borghese e la famiglia Barberini durata per ben 127 anni, dal 1636 al 1763. Il 1841 segnò il passaggio di Turania dalla Diocesi di Magliano Sabina a quella di Tivoli e come parte del Regno di Napoli ha seguito, per il resto del secolo, gli avvenimenti nazionali sotto la guida del suo Podestà. Agli inizi del 1900 il territorio aveva una estensione di 891 ettari ed una popolazione di 1058 abitanti, dedita principalmente alla produzione agricola di grano, granturco, legumi e patate. I terreni più adatti permettevano la coltivazione di viti e frutteti ma la vera ricchezza era costituita dai castagneti vigorosi e di buona rendita. In realtà l’agricoltura era molto povera e le ragioni della scarsa produzione erano da ricercarsi sia nelle rare concimazioni e nella cattiva lavorazione del terreno sia nell’eccessivo frazionamento dello stesso tra le diverse famiglie. Di grande importanza l’industria locale della produzione di “coppi e mattoni in terracotta” presso le antiche Fornaci con i quali sono stati ristrutturati alcuni antichi palazzi di paesi limitrofi. In seguito alla Seconda guerra mondiale, quando Turania subì non pochi saccheggi e violenze dall’esercito tedesco occupante (come ricordano oggi molti anziani all’epoca solo adolescenti) come del resto i paesi confinanti come Vivaro Romano, Pozzaglia e Paganico, dopo le prime elezioni libere del 1946 si affacciò l’idea di cambiare il nome all’antica Petescia e così con Decreto Presidenziale del marzo 1950, il paese prese definitivamente il nome di Turania dall’omonimo fiume che l’attraversa e che dà nome alla stessa valle ed all’omonimo lago.

COSA VEDERE? – Molto interessante e spesso meta di pellegrinaggi è il complesso di Santa Maria del Carmelo, un piccolo santuario di origine mariana che, nel corso dei secoli ha rappresentato motivo di profondo interesse spirituale per gli abitanti dell’antica Petescia. Per circa 500 anni la Festa della Madonna è stata l’unica grande solennità, oltre a quelle dei Santi Patroni, celebrata e partecipata da tutta la popolazione tramite la solenne processione dell’immagine della Vergine con Bambino. All’immagine sacra è associata, dalla tradizione popolare un particolare evento accaduto verso la fine del 1600 citato dall’archivista della casa Borghese che ha raccontato come durante un forte temporale crollarono alcuni muri della chiesa e la statua fu ritrovata illesa sotto le rovine. La Chiesa era anticamente posseduta dai Francescani che dimoravano nell’annesso Convento. Infatti, alcuni documenti della Provincia Romana fanno risalire al passaggio del Santo di Assisi l’edificazione del romitario dedicato al culto  Mariano “nell’anno del Signore 1216 capitò in questa terra il Serafico Padre e glorioso San Francesco d’Assisi, il quale dopo avere edificato alcuni luoghi per i frati della sua regione nell’Umbria e nella Sabina, elesse un loco in questo territorio Petesiano e per opera Sua fu edificata la Chiesa in vita Sua con una parte dell’abitazione”. Quindi con tutta probabilità la costruzione venne eseguita da qualche discepolo del Santo e si può far risalire alla II^ metà del 1300; le numerose opere di fortificazione ai muri perimetrali hanno consentito che l’edificio giungesse ad oggi pressoché integro mentre del convento non esistono più neanche i ruderi. Non può certamente mancare una visita alla Chiesa del Santissimo Salvatore, ricostruita totalmente nel 1779 in stile neoclassico sui resti di un edificio del secolo precedente probabilmente in stile tardo Barocco di cui restano tracce nella cripta ora adibita a salone per le feste parrocchiali ma fino a pochi decenni fa usata anche per matrimoni e celebrazioni religiose su richiesta dei fedeli o nei periodi di restauro della chiesa superiore. Oggi è sede della parrocchia del paese. Da qualche anno nel comune di Turania è stato inoltre allestito un museo permanente di Arte Contemporanea, riconosciuto di interesse regionale, e che è situato nell’edificio comunale. Il museo colleziona numerosi reperti e foto d’epoca oltre a varie opere d’arte; vi è anche esposta una prestigiosa scultura bronzea del maestro Silvio Amelio che rappresenta Padre Pio. Recentemente ristrutturato ed estremamente interessante è anche il Mulino cinquecentesco che è situato presso il fiume Rio che scorre a valle del paese al confine col comune di Pozzaglia.

QUALI SONO I PRINCIPALI APPUNTAMENTI? – La prima domenica di settembre è la giornata dedicata ai Santi Antonio e Donato, in questa occasione dal centro del paese partono alcune mongolfiere preparate e colorate artigianalmente da alcuni appassionati, una manifestazione certamente imperdibile e molto suggestiva. L’ultima domenica di ottobre si tiene poi la tradizionale “Sagra della castagna”.

Foto: RietiLife ©

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