“Quella del Piazza Tevere Calcio è una azione di ribellione responsabile per una situazione, come tutte quelle legate allo sport dilettantistico, delicata che deve essere affrontata con coraggio e decisione da chi di dovere. In queste categorie i ragazzi hanno il timore di allenarsi e giocare per paura di essere contagiati e dover assentarsi, se non addirittura perdere, il posto di lavoro: qui non stiamo parlando del mondo dello sport professionistico o semi professionistico dove i giocatori sono controllati e per loro lo sport rappresenta una fonte primaria di reddito. Nello sport dilettantismo si scaricano le responsabilità sulle società e sugli atleti con delle autodichiarazioni. In un momento in cui si chiudono le scuole e i luoghi di lavoro forse non ha senso far continuare i campionati di calcio dilettantistico anche perché senza spettatori queste squadre, che per la maggior parte dei casi rappresentano quartieri, zone della città o piccoli paesi, perdono la cifra più intima della loro esistenza: svanisce quel senso di appartenenza che si esprime tifandole sugli spalti, quel momento di socializzazione e divertimento che cessa di esistere senza gli amici e i tifosi in tribuna” dice Mezzetti.
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