Tra storia e leggenda, feste e gusto c’è Monteleone Sabino: scopriamolo insieme con ‘Paese che vai’

Ennesimo appuntamento con la confermatissima rubrica settimanale di RietiLife Paese che vai” che, curata dalla nostra Martina Grillotti, punta a far conoscere, ai reatini e non, i nostri comuni. 73 bellezze tutte da scoprire, tra architettura, storia, gusto, appuntamenti. “Paese che vai” punta a creare un almanacco, un’agenda, che permetta a tutti di saperne di più dei nostri paesi, di scoprirli prima leggendo e poi visitandoli, in un weekend, in un giorno, per una vacanza lunga o corta, per un pranzo o una cena. Vi consiglieremo cosa visitare e gli eventi irrinunciabili cui è impossibile non partecipare. RietiLife è disponibile a integrazioni e segnalazioni, pronta ad ascoltare tutte le realtà del territorio. Scriveteci! [email protected]

(di Martina GrillottiUn paese incantevole quello che visitiamo insieme oggi: un territorio circondato dalla natura tutto da raccontare tra storia e leggenda, ma Monteleone Sabino non è solo questo, è anche feste, gusto e tanto da scoprire.

DOVE SI TROVA? – Monteleone Sabino sorge a 496 metri sul livello del mare e con i suoi 1231 abitanti occupa una superficie di 19 km quadrati. Il territorio si espande sulle propaggini meridionali dei monti Sabini e il borgo medievale prende forma lungo la dorsale di una collina, in un territorio incontaminato e di grande eccellenza paesaggistica attraversato dal fiume Farfa.

QUANDO NASCE? – Il paese di Monteleone Sabino nacque in età altomedievale, a partire dal castello edificato molto probabilmente verso il IX secolo dagli abati di Farfa. Per qualche tempo il castello continuò ad essere citato come pertinente a Trebula, per cui si deve supporre una continuità di vita dell’antica città romana, anche se nel 943, in una bolla di papa Martino II, si parla di un Leonem Montanianum. Deve il suo nome probabilmente alla presenza nella zona di moltissime sculture rappresentanti leoni, tra cui le due poste all’ingresso del paese, o forse al fatto di essere stato per lungo tempo sotto il dominio della famiglia Brancaleoni di Romania. Nei secoli successivi il castello e i paesi di Trebula e Ginestra rimasero proprietà dell’Abbazia di Farfa, ma con la crisi dell’ordine benedettino si avvantaggiarono alcune famiglie nobili, che si impadronirono delle proprietà ecclesiastiche: così nel 1285 Castelleonis (forse Monteleone) compare nel testamento di papa Onorio IV come proprietà dei Savelli, mentre quasi 100 anni dopo i Brancaleoni ne sono feudatari. Monteleone, che fu saccheggiato nel 1460 dalle truppe del capitano di ventura Jacopo Piccinino, fu proprietà dei Cesarini e degli Orsini, ai quali passò definitivamente nel 1480. Nel 1604, morto senza eredi Enrico Orsini, Monteleone venne incamerato dalla Santa Sede. Nel 1700 i beni della Camera sono affidati in enfiteusi alla famiglia Gamberi-Lancelotti. In tempi recenti merita di essere ricordato l’eccidio compiuto dai tedeschi il 24 Aprile del 1944, quando i soldati occupanti rastrellarono undici innocenti, 10 di Monteleone e un venditore ambulante di passaggio, fucilandoli nei pressi di S. Vittoria.

COSA VEDERE? – Una bella passeggiata a piedi tra le vie di Monteleone Sabino ci farà scoprire un centro caratteristico nella sua altomedievalità, del castello dell’XI secolo non restano che le torri quadrate con la porta d’accesso (Porta Pica) e resti del mastio poderoso. Il borgo medievale conserva ancora i caratteristici vicoli che mostrano incastonati reperti di epoca romana. Imperdibile una visita alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Evangelista di origine quattrocentesca che fu ricostruita in stile neoclassico nel 1770. La chiesa conserva della struttura originaria il portale con fregi del periodo romano. All’interno un dipinto di Vincenzo Manenti raffigura San Giovanni Evangelista con Santa Vittoria e la Vergine in gloria. Visitare Monteleone significa anche e soprattutto far tappa al Museo Civico Archeologico che conserva importanti reperti di Trebula Mutuesca, antica città sabina. Interessante il percorso espositivo che si snoda dall’età preromana, a quella romana, offrendo al visitatore la possibilità di conoscere importanti reperti scultorei e ceramiche provenienti da scavi archeologici. Da non perdere è certamente il Santuario di Santa Vittoria, maestosa costruzione di epoca romanica che sorge su un’altura, circondata da un piazzale a giardino. L’interno e il campanile sono molto interessanti dal punto di vista architettonico e artistico e curiosa è la leggenda legata a questo Santuario: Vittoria era una giovinetta di nobile famiglia, orfana, che si convertì al cristianesimo sotto l’Imperatore Decio, attorno all’anno 250. A quel tempo un orribile drago, che si era annidato in una grotta, spargeva la morte fra la popolazione di Trebula; la giovane riuscì con la forza della fede a cacciarlo via, per questo motivo la popolazione della città si convertì in massa. Malgrado la fama acquisita con l’impresa, Vittoria fu invitata da un funzionario, Taliarco, ad abbandonare il cristianesimo e venerare la dea Diana ed al suo rifiuto venne uccisa con un colpo di pugnale. Dopo sette giorni, la santa fu seppellita nella grotta del drago e lì venerata. Si racconta inoltre che nell’esatta zona in cui avvenne il martirio l’erba non cresca più.
Andando verso ovest rispetto alla Valle del Pantano, nei pressi della chiesa di Santa Vittoria, compaiono poi i resti imponenti dell’anfiteatro di Trebula Mutuesca, databile intorno alla prima metà del II secolo e riportato alla luce da scavi archeologici cominciati negli anni Cinquanta e continuati poi dal 2000 ad oggi, questi hanno permesso di ricostruire il portico di ingresso all’edificio templare, con muri perimetrali in puddinga, originariamente in legno, sostituito poi da un altro retto da sei colonne in travertino e copertura in laterizio. La pavimentazione era in opus signinum. Ancora in situ le basi delle colonne e una colonna alta 3 metri, intera ma in tre parti. Come attestato in un’iscrizione trovata su una colonna nell’adiacente giardino della chiesetta romanica di Santa Vittoria, dove sono stati riutilizzati moltissimi materiali lapidei del tempio, alla fine del II secolo a.C. tale Pescennius ha dedicato tre colonne in pietra e una canaletta di scolo in pietra sotto lo spiovente del tetto “alla dea Feronia”, certificando così, già in epoca di avanzata romanizzazione, la permanenza di un culto locale. Sempre in località Pantano, si ergono le imponenti vestigia dell’anfiteatro recentemente messo in luce quasi integralmente. L’edificio, a pianta subellittica è realizzato in opera mista e blocchi di calcare; parzialmente appoggiato alla roccia collinare, presenta due ingressi principali sull’asse maggiore. Tutto intorno una pavimentazione in lastricato calcareo, mentre sotto la cavea, in gran parte sparita, sono stati evidenziati vari ambienti radiali, di cui alcuni pavimentati in semplice mosaico bianco e nero o a mattoncini (opus spicatum). Nel corso degli scavi sono state rinvenute due iscrizioni traiane, databili al 115, che ricordano una ricostruzione effettuata a cura dell’imperatore. Molto interessante la galleria esplorata sotto l’arena, che era coperta da volta a botte, oggi crollata, raggiungibile dal foro attraverso un lungo corridoio ipogeo; all’estremità occidentale un ambiente semilunato con una grande nicchia rettangolare, sui lati una serie di mensole in calcare che forse sostenevano un impalcato ligneo. Gli scavi archeologici non possono essere momentaneamente visitati a causa di lavori in corso ma sono visibili dall’esterno.

QUALI SONO I PRINCIPALI APPUNTAMENTI? – Imperdibili, per vivere appieno Monteleone, sono le numerose sagre che lo animano dedicate alle specialità enogastronomiche del posto. Imperdibile è la sagra della bruschetta che si tiene nel mese di novembre e durante la quale sarà possibile degustarla in salse e sfaccettature sempre diverse ma anche semplicemente con il tipico olio d’oliva. In agosto è poi la volta della Sagra delle fettuccine alla Trebulana che vengono preparate ancora oggi seguendo una ricetta tramandata oralmente per tanti secoli: vengono impastate farina e uova e poi la sfoglia viene tirata a mano con il mattarello di legno; una preparazione all’apparenza semplice che in realtà nasconde segreti noti solo alle cuoche del posto: per la buona riuscita del piatto sono fondamentali lo spessore della sfoglia e in particolar modo il suo taglio. La pasta viene poi condita con piselli, pomodoro, funghi, prosciutto e pancetta, un irresistibile mix di gusti e profumi tutto da assaggiare. E sempre per rimanere in tema gastronomico, ad agosto si celebra la Sagra dei Montuni, frittelle di pasta aromatizzate con mentuccia fresca selvatica.

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