“Sono malata ad un occhio. E ora l’attività Oculistica è sospesa: perché non farla in struttura esterna all’ospedale?”

Pubblichiamo la lettera firmata di una lettrice che scrive alla Asl, a RietiLife e al Corriere di Rieti.

Volevo scrivere sulla situazione che mi trovo ad affrontare in questo particolare momento di pandemia. Nel mese di dicembre 2019 mi è stata diagnosticata una malattia all’occhio ed ho iniziato presso il reparto di Oculistica dell’Ospedale “De Lellis” di Rieti la terapia intraoculare. Ho apprezzato le capacità organizzative del reparto in quanto gestisce una affluenza di utenti non trascurabile e le competenze professionali del personale, sia medico che paramedico, soprattutto nel relazionarsi con persone che proprio per le patologie riscontrate e per l’età media oltre i 65 anni hanno necessità di attenzioni e relazioni capaci di superare paure e ansia che accompagnano quasi sempre questi particolari momenti.

Parliamo di persone che hanno già abbastanza compromessa la capacità visiva e  che potrebbero perdere completamente la vista. Ora tutto è stato sospeso, sicuramente e giustamente dovuto alla situazione di epidemia COVID e soprattutto per tutelare la vita delle persone, ma trascurare questa problematica in futuro potrebbe caricare il sistema sanitario nazionale di costi ulteriori dovuti ad una vanificazione dell’efficacia delle terapie già iniziate e non portate a termine e  successivamente da una assistenza a persone completamente inabili. Mi chiedo a questo punto se non sia possibile una soluzione al problema dedicando una struttura anche fuori dall’ospedale capace di proseguire con efficacia l’ottimo lavoro sin qui svolto. Naturalmente il tutto vale anche per altre patologie gravi, che a mio modesto parere, potrebbero trovare anch’esse soluzioni similari considerando anche i tempi lunghi di questa pandemia.

Foto: RietiLife ©

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