Coronavirus, la vita a Rieti dopo il decreto | Viaggio nella città “sospesa”

 

(pa.cor.) “Mamma perché stiamo in fila qui fuori e non possiamo entrare?” domanda una bambina di tre anni alla mamma mentre sono in fila fuori dal supermercato in attesa che arrivi il loro turno per entrare. La donna abbassa la mascherina e le sorride dicendole: “Ricordi la favola del bimbo che ti ho raccontato ieri?”. La bambina muove la testa facendo un segno di assenso. Poi tocca a loro, entrano tre carrelli, mentre altrettanti clienti escono. Questa è Rieti ai tempi del Coronavirus e dopo l’annuncio del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che tutto il Paese è da considerarsi zona rossa. Questa mattina i bar erano semideserti con i clienti al bancone ognuno sulla X segnata a terra con il nastro adesivo per mantenere la distanza di sicurezza. Ma a poco serve perchè i locali sono praticamente deserti.

Sul lungofiume si incontrano runner e amiche che passeggiano in tuta tenendosi però a distanza mentre le altre vie della città sono meno affollate rispetto ad un giorno feriale qualsiasi. All’imbrunire lo scenario cambia, e non in meglio. Rieti, a ventiquattro ore da un decreto che in molti si aspettavano, ma che ora fa paura, è una città fantasma, silenziosa, vuota. Bar, ristoranti, negozi di abbigliamento e calzature, luoghi di aggregazione per i giovani, vedi McDonald’s, sono deserti, così come parrucchieri, centri estetici e locali dove l’ora dell’aperitivo era d’obbligo. E i commercianti si chiedono quali saranno le conseguenze perché c’è da pagare il personale, come l’affitto, le bollette e le tasse. Le vie del centro appena fa buio sono deserte, pochi passanti e tutti con il capo basso, nessuno parla e molti hanno una busta della spesa in mano, alcuni passeggiano con il cane al guinzaglio. I bar hanno abbassato le saracinesche alle 18, come da decreto, e nei pochi negozi ancora aperti, in centro storico come nei centri commerciali, ci sono soltanto le commesse che, guanti e mascherina, mettono a posto la merce.

Molti passanti hanno il volto coperto dalla sciarpa. In uno dei centri commerciali più importanti della città una voce annuncia dalle casse tutte le regole da rispettare per evitare il contagio, ma sono in pochi ad ascoltarla, perché non c’è nessuno. Un’anziana che trascina il carrello con la spesa accenna un sorriso e dice: “Sembra davvero di stare in guerra”. Viale Matteucci e viale Maraini, dove il traffico fino a qualche giorno fa era un problema, sono desolatamente deserti, con il traffico scarso, gli autobus del servizio urbano semi vuoti, e pochissimi pedoni. Ovunque è così. Si ha l’impressione di quando alle prime luci dell’alba si usciva dalla discoteca o dai locali e si passeggiava in una città deserta. Ma è pomeriggio e il silenzio nelle strade è assolutamente tangibile. Per Rieti è stato il primo giorno di un Paese blindato sotto il segno dell’hashtag #iorestoacasa. La città è vuota e i lampioni illuminano strade e vie del centro storico dove non si incontra nessuno. Non si può parlare di tranquillità, sicuramente nemmeno di paura, ma qualcosa è cambiato anche se è ancora difficile ammetterlo apertamente.

Foto: CORRADINI ©

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