Lino “Maonna”, una vita tra i campi: in pensione storico agricoltore della Piana reatina

“Chiunque riesca a far crescere due spighe di grano o due fili d’erba dove ne cresceva uno solo, rende un servizio al suo Paese e all’umanità, tanto più grande dell’intera progenie dei politicanti messi insieme”. Questo è quello che lo scrittore irlandese Jonathan Swift scriveva nel 1726 nel celebre romanzo I viaggi di Gulliver a proposito della nobile arte dell’agricoltura: è solo per mezzo della fatica e del sudore quotidiano, della passione e dedizione costante alla terra che è possibile coltivare e far crescere tutto quanto oggi vediamo sulle nostre tavole e che molto spesso diamo quasi per scontato.

Tanto ovvio e gratuito tale impegno non è stato e tutt’oggi non è, per Sabatino Petrongari, classe 1947, da tutti conosciuto nella piana reatina come Lino “Maonna”, il quale apprende sin da bambino l’arte della coltivazione dei campi e prosegue la sua carriera ben conscio della fatica che la terra richiede, fino a diventare oggi stimato agricoltore reatino.

Con la famiglia di origine prende dimora, nell’agosto 1962, nel casale in via Chiesa Nuova, dove intraprende la sua vocazione di agricoltore, al seguito del padre Giuseppe, con la semina dei campi e l’allevamento del bestiame; tutto questo lo porta, sin dai primi anni ’80, ad essere membro attivo della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) e successivamente ad entrare nel direttivo.

È il 2003 quando la CCIAA di Rieti gli conferisce il premio per la “Fedeltà al lavoro e del progresso economico” nonché la nomina di Cavaliere del Lavoro, questo è un momento significativo per Sabatino che vede riconosciuta, in tale onorificenza, il suo impegno quotidiano; un altro passaggio fondamentale della sua vita agricola avviene nel 2009 quando ottiene il premio “I maestri dell’agricoltura” consegnatogli dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Lazio.

Questi i momenti emblematici della carriera di Sabatino che hanno intervallato la quotidiana fatica e l’impegno, il sudore e le preoccupazioni, spesi per i campi e “le bestie”, impegno che non ha mai scansato, ma, al contrario, accettato e sopportato con fedeltà alla terra e al progetto di vita che è riuscito a realizzare negli anni.

Oggi, dopo tutte le tappe raggiunte, Sabatino ha deciso di dare l’“arrivederci” al posto in cui ha passato tutta la sua vita e la sua carriera e di separarsi dal campo che per anni ha dato il sostentamento alla sua famiglia e ritirarsi dalla vita di agricoltore, lasciando il casale di via Chiesa Nuova, per concedersi il meritato riposo dopo aver dato tanto e speso molte energie per tenere in piedi un settore, quello dell’agricoltura, che sembra essere, nei tempi odierni, diventato demodé, lontano dall’interesse delle giovani generazioni che  raramente lo vedono come una opportunità di lavoro.

A Sabatino e alla moglie Carla che con lui ha condiviso anni di duro ma fecondo lavoro nella dimora di via Chiesa Nuova 187, viene rivolto il grazie di quanti da lui hanno imparato ad apprezzare la passione e la capacità di affrontare la durezza del quotidiano in vista del raccolto. Con le parole dell’ex ministro delle politiche alimentari e forestali Luca Zaia, “Se ogni giorno beviamo un bicchiere di vino o spezziamo il pane lo dobbiamo ai milioni di contadini che da sempre hanno adottato la terra e che ci insegnano il metodo della vita. Che poi è la pazienza del tempo. Ma anche lo stupore di un semplice grazie”.

Foto e testo: Barbara Simeoni ©

Print Friendly, PDF & Email