“Non siamo morti la notte del 24 agosto, ma rischiamo di morire di cancro”

(dal Corriere di Rieti) LA LETTERA Sono passati ormai 7 mesi dal 24 agosto, quando la terra ha preso a tremare nel mio paese, Accumoli. Confinata in una stanza d’albergo di San Benedetto del Tronto, assisto inerme all’abbandono dello Stato di fronte a questa grande catastrofe che si è abbattuta sulla mia vita e su quella di tante altre persone che da sempre popolavano i territori dell’Italia centrale, interessati dal sisma . Dopo 7 mesi le macerie sono ancora sul posto, nessuno si è preso la responsabilità di spostarle. Sono stati capaci di rimuovere solo all’interno del paese delle rovine cadute sulle strade, per far circolare meglio i mezzi addetti ai recuperi. Le macerie saranno in seguito trasferite in una cava abbandonata, sita a Terracino, un paese nei pressi di Accumoli, dove nel sottosuolo scorre una falda acquifera.

Quello che desta sospetto è che ancora non è stata fatta alcuna opera di bonifica dall’amianto presente in ogni stabile frantumato dal terremoto.Tutto è ammassato insieme, senza dividere i diversi tipi di rifiuti. Mi auguro solo che non portino a Terracino, all’interno della cava, anche l’amianto, perché potrebbe penetrare nell’acqua con cui innaffiamo gli orti e che bevono gli animali. A due mesi dal terremoto, nell’aula consiliare di Rieti, l’avvocato Pietro Bonanni , presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, metteva al corrente la popolazione e i soccorritori di cosa significasse l’esposizione all’amianto, ricordando che il terremoto produce polverizzazione del cemento – amianto, rilasciando fibre cancerogene nell’aria, che tutti respiriamo. Questo materiale così resistente è presente in ogni abitazione: dal tetto, ai comignoli, alle canalette di scolo dell’acqua e via dicendo.

L’avvocato ha anche aggiunto che tra 20, 30, 40 anni si assisterà a un altro terremoto che coinvolgerà la popolazione residente, quello dato dalle malattie mortali provocate dall’inalazione di fibre d’amianto: dall’asbestosi alle placche pleuriche, dal mesotelioma al tumore dei polmoni, laringe e ovaie. Tutto questo a noi poveri terremotati non è mai stato detto. Nessuno ne era al corrente, infatti si continuava a entrare in paese tra la polvere, respirando aria malsana. Si calpestava amianto e si portava nelle nostre tende o stanze d’albergo senza conoscere il rischio a cui si era esposti. Naturalmente la Protezione civile non ci ha mai avvertito sui pericoli che stavamo correndo. Sono rientrata ad Accumoli dopo diversi mesi, ma le macerie erano ancora sul posto, ammassate. Adesso si parla di ricostruzione, finalmente arriveranno le casette tanto sospirate, purtroppo però saranno collocate a pochi km dal paese, a diretto contatto con la gente. Uno dei momenti di maggior dispersione dell’amianto è durante la frantumazione, quando si sposteranno le macerie, disturbate meccanicamente. Nel frattempo non si sono messi in sicurezza i cumuli d’amianto prendendo le necessarie precauzioni: bagnandole con getti d’acqua per non farle disperdere nell’aria e in seguito coprirle con teli di nylon.

In questi mesi tutto quello che è stato concesso a noi abitanti della zona è scegliere come morire. Non siamo deceduti la notte del 24 agosto, però rischiamo di morire di cancro. Quando però si è madri di un figlio la prima cosa che si pensa è mettere in salvo il bambino. Sono 7 mesi che non lavoriamo, si spera che rientrando in paese si possa riprendere le nostre attività, anche se sappiamo bene che nulla sarà più come prima. Senza lavoro non si può andare avanti, quindi capisco anche chi accetta di abitare nella casetta vicino ai rifiuti mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei figli. Alla fine che scelta ci resta? Rischiamo di morire di fame lontani dalle nostre terre: dove andiamo a vivere, sotto i ponti? Quindi in silenzio accettiamo la triste sorte che si abbattuta su di noi. Ho parlato di Accumoli, ma il problema amianto è presente anche ad Amatrice e Arquata del Tronto, confinanti con il mio paese. Bisogna che si faccia in tutta la zona un’opera di bonifica perché da soli non si va da nessuna parte. Le polveri volano… immagino cosa si può respirare ad Amatrice, comune molto più grande e dove sono crollate molte abitazioni, anche se i ragazzi del posto hanno scelto di frequentare le scuole nonostante le avversità.

Le nostre aree del Centro Italia sono state massacrate prima dal terremoto, poi dall’amianto e infine dall’incuria dei politici che ci hanno abbandonato alla nostra sorte. Del resto a chi possono interessare comuni così piccoli e così poco conosciuti. Io però so che sono stata privata delle mie origini, della mia terra, della mia casa e anche di tanti amici morti nei crolli il 24 agosto. Sono anche consapevole di non essere popolare a scrivere un articolo di denuncia come questo: tutto deve sembrare normale, che ogni scelta è stata fatta con accortezza, invece non si muove un bel niente. Sono 7 mesi che sento promesse non mantenute, sono 7 mesi che veniamo trattati come attori che recitano una tragedia, purtroppo però non stiamo assistendo a un film, è la nostra vita che scorre in diretta.
Roberta Paoloni da Accumoli

Foto (archivio) RietiLife ©

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