IL PUNTO – Terremoto: meno scosse, ma lo sciame non è finito

(di Matteo Carrozzoni) Il terremoto continua a farsi sentire, anche con magnitudo vicine a 4 e la domanda più ricorrente e se si tratti o meno dell’attivazione di nuove strutture. Analizzando la sequenza sismica degli ultimi giorni, relativamente agli eventi di magnitudo superiore a 2, si è passati dagli oltre 200 fino al 6 novembre, agli oltre 100 del 15 novembre, fino ai circa 50 del 25 novembre, sembra piuttosto evidente che l’andamento sia discendente, nonostante si verifichino ancora eventi di magnitudo piuttosto elevata, cosa che rientra nella normalità degli aftershocks o assestamenti, che dir si voglia, che possono avere magnitudo anche fino ad un grado inferiore all’evento principale “mainshock” ma che, ricadendo nella zona già attiva permettono di escludere che si tratti dell’attivazione di nuove faglie,  non certo però che questo possa avvenire.

E’ infatti ancora vivo il ricordo dell’inaspettato evento del 30 ottobre, quando una scossa di magnitudo 6.5 ha fatto tremare l’intero centro Italia, dopo solo tre giorni dai due grandi eventi di magnitudo 5.4 e 5.9, che ogni probabilità viene tenuta in considerazione, anche se minima.

Il verificarsi di tale scossa era infatti ritenuto improbabile dalla comunità scientifica ma non impossibile; improbabile in quanto il quantitativo di energia liberatosi con gli eventi del 27 ottobre era in linea con la storiografia sismica dell’appennino centrale e la terza scossa, di una magnitudo che non si ripresentava in Italia da oltre 30 anni, è stata pertanto un evento assolutamente straordinario.

Detto questo però, analizzando la storiografia, le crisi sismiche che si sono verificate negli ultimi decenni lungo il sistema di faglie che si estende da Colfiorito a L’Aquila (1979-Valnerina, 1997-Umbria-Marche, 2009-L’Aquila e 2016-Accumoli, Visso, Norcia) sono confrontabili con quanto successo in altri due periodi storici dell’ultimo millennio (1350 e 1700) e questo paragone fa ritenere possibile che l’energia liberatasi abbia raggiunto la massima potenzialità che ci si possa attendere dai sistemi di faglie coinvolti fin ora.

Dalla comparazione di questi dati e dopo questa crisi sismica di grande entità, ci si aspetta quindi che i sistemi di faglie coinvolti in questi mesi possano aver esaurito il loro momentaneo potenziale, mettendosi a riposo per un bel po’ di tempo, anche se purtroppo la scienza non è ancora in grado di poterlo affermare con certezza. Questo però non significa che in Italia centrale non possa verificarsi un altro terremoto di magnitudo anche importante, in quanto il sistema di faglie è grande, la zona vasta e le energie litostatiche in gioco non quantificabili.

Quello che si può dire con certezza è che, anche se si ritengono ormai sempre più improbabili eventi di magnitudo distruttiva, il ripetersi degli aftershocks, anche piuttosto consistenti, è destinato a durare ancora abbastanza a lungo, anche perché, come asserisce Alessandro Amato, dirigente di ricerca dell’Ingv e già direttore del Centro Nazionale Terremoti: “In regioni sismicamente attive come l’Italia, la Legge di Gutenberg-Richter predice che, in una data zona e intervallo di tempo, per ogni terremoto di magnitudo 6 ce ne siano 10 di magnitudo 5, 100 di magnitudo 4 e così via”.

Nella foto, gli eventi sismici dal 24 agosto 2016 sopra la magnitudo 2, fonte Ingv. Foto: Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia ©

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