“Grazie Raoul”: Rieti impazzita per Bova, #IoCiSono è merito suo

Ci ha messo il cuore e anche di più. Ha coinvolto tutti: dagli amici (Claudio Ponzani su tutti) ai familiari, dai conoscenti a chi ha voluto collaborare senza chiedere nulla. Tutto, con l’obiettivo di raggiungere lo scopo per il quale ha dato tutto se stesso in queste ultime tre settimane. Ha macinato chilometri, ha incontrato fiumi di gente, di fan e curiosi. Ha stretto migliaia di mani, ha consumato penne per gli autografi, ha partecipato a selfie, foto di gruppo e parlato con tutti coloro che gli si sono presentati davanti. Sempre col sorriso ed una totale disponibilità non proprio consona a molti suoi colleghi. È Raoul Bova.

Lo ha fatto con il cuore, con la voglia di essere utile, con l’orgoglio di essere italiano, come ha dichiarato, ma con l’intento fisso di realizzare quel progetto nato subito dopo il terremoto, subito dopo aver visto con i suoi occhi, quelli che fanno sognare le sue innumerevoli fan, il dramma, il disastro e la disperazione di coloro rimasti senza niente. Ed ecco che da irraggiungibile si trasforma, per l’ennesima volta, in un trascinatore senza limiti capace di chiamare a raccolta molti big del mondo dello spettacolo per mettere in piedi la partita di calcio tra la Nazionale Italiana Cantanti ed una rappresentativa della Protezione Civile, per raccogliere fondi e correre ad aiutare.

Tutto in poco meno di tre settimane, insieme ai volontari dell’associazione “Io Ci Sono”, diventato in pochissimo tempo il motto sulla bocca di tutti e che la sera scorsa ha riempito, così come non era mai accaduto, lo stadio Manlio Scopigno di Rieti. Io ci sono, e lui c’era. C’era ancor prima di scendere in campo, c’era a Roma per la serata passata a servire l’amatriciana, c’era in tv per promozionare l’evento, c’era nel corso della conferenza stampa all’istituto tecnico commerciale di Rieti, c’era al centro commerciale Perseo, c’ era al Cospea di Terni, c’era ad Amatrice per essere vicino al maestro Bocelli, asciugare le lacrime del sindaco Pirozzi (e forse anche le sue) e recitare la commovente preghiera di San Francesco.

C’era sul prato dello stadio per dare il benvenuto a tutti: dagli artisti, scesi e non in campo, a tutti quelli accorsi per dare quella mano di cui aveva chiesto l’aiuto. C’era per ringraziare tutti. Sorprende chi non lo conosce, e conferma la sua grande generosità ed il suo grande altruismo a chi ci ha condiviso qualche altra iniziativa, tesa sempre ad aiutare il prossimo. Poco prima della partita ha incontrato i ragazzi del Team Lazio Special Olympics con abbracci e baci, si è commosso mentre recitava la preghiera, è diventato “piccolo” quando ha visto ed abbracciato dolcemente il suo papà (nella foto) che scherzando gli ha chiesto un autografo. La sua stanchezza, mista però alla consapevolezza di aver voluto e allestito qualcosa senza precedenti per questa città, ce l’ha confermata quando ci ha detto: “Stasera gioco in porta perché Marco (Bocci) ha un dito fratturato”.

Ma non ci vogliamo credere, secondo noi ha giocato in porta perché, forse, non ce l’avrebbe fatta. O forse perché voleva godersi dalla porta lo spettacolo ed il calore del fantastico pubblico del Manlio Scopigno andato sold-out in poco meno di una settimana e che ha risposto al suo appello in maniera speciale. Lui, per chi non l’avesse capito, è Raoul Bova. Si, lui. Il Capitano Ultimo, San Francesco ecc. ecc. Lui, quello che a volte finisce sulle copertine dei rotocalchi, quello dagli occhi affascinanti… quello con un cuore speciale, dentro una persona speciale. Una di quelle persone, mutuando un aforisma di Charles Dickens, che si incontrano quando la vita ha deciso di farti un regalo. Grazie Raoul. Di cuore.  

Foto: Emiliano GRILLOTTI ©

 

Print Friendly, PDF & Email