RIETI CITTÀ DELLE ACQUE, CONVEGNO A PALAZZO DOSI

“Rieti città delle acque. Appunti per una storia economica e sociale dell’agro reatino” è in programma domani, SABATO, alle ore 9.30 presso la Sala Conferenze di Palazzo Dosi a Rieti. L’evento è organizzato dal Lions Club Rieti Host in collaborazione con il Comune di Rieti nell’ambito degli eventi collegati con l’EXPO 2015. Il Convegno affronterà il tema dell’acqua con cui l’uomo dalle sue origini ha avuto un rapporto ambivalente: se da un lato l’elemento “umido” rappresenta il fattore capace di coagulare il popolamento demico, indispensabile per la nascita dei sistemi insediativi territoriali stabili e duraturi, dall’altro è un nemico da cui difendersi, allontanare e combattere che spesso, in modo apparentemente improvviso, pone le condizioni per la loro fine.

La nascita di insediamenti stabili nella Conca Velina, a partire dalla fine del’antica età del bronzo (XIX sec. a. C), è frutto della dinamicità dell’acqua in particolare del naturale e progressivo ritiro delle acque del grande bacino quaternario noto come Lacus Velinus preistorico. Nel periodo protostorico si assiste al primo grande evento, archeologicamente registrabile, relativo ad un’occupazione stabile, secolare, fitta e parcellizzata della piana di Rieti e del bacino di Piediluco (TR). Durante la protostoria il rapporto tra uomo e ambiente “umido” sembra essere di assoluta interazione dialettica: si sfruttano le risorse della nicchia ambientale velina (vicinanza alle sorgenti perenni di acqua dolce, disponibilità di risorse ittiche ed irrigue per sviluppare il più importante mezzo di produzione di massa del mondo antico: l’agricoltura) e si strutturano abitati che insistono nelle immediate vicinanze degli specchi d’acqua in un contesto ambientale non molto dissimile da quello attuale. Allo stesso tempo opere di regimentazione delle acque, anche solo per fini agricoli, devono essere postulate in mancanza di ricerche archeologiche di carattere intensivo.

A partire dall’VIII sec. a.C. è ancora l’acqua a porre le condizioni per la fine della secolare occupazione del territorio: una nuova ingressione lacustre determina lo spopolamento della piana di Rieti.

 

Solo dal III sec. a. C.,  con la romanizzazione della Sabina, la piana sarà rioccupata da insediamenti di natura produttiva quali fattorie.  L’obbiettivo da parte dei romani era quello di ripopolare il territorio per sfruttarlo per fini agricoli attraverso un’articolata bonifica costituita dallla realizzazione di un’opera principale quale la canalizzazione del fiume Velino presso la caduta delle Marmore (cava curiana) e da una fitta rete di canali nella Piana di Rieti. In poco tempo quello che era un acquitrino si trasformerà in un paesaggio agrario fondato sul principio varroniano del quam sationem imponut, contapposto ad una condizione meramente naturale di quam naturam dat.

Con l’età romana inizia la conquista delle acque, nel quadro di un mutato rapporto tra l’uomo e l’ambiente “umido”.

Con la caduta dell’impero romano e delle istituzioni preposte alla tutela delle acque la natura riconquista gli spazi precedentemente assegnategli dagli uomini e per tutta l’età medioevale la pianura reatina sarà ricoperta da acquitrini. Il fiume Velino non si immetterà più nel cavo curiano ma in un bacino lacustre che con sempre maggiori difficoltà confluirà nel Nera. Il Lacus Velinus era tornato a riconquistare pressoché totalmente il suo spazio, tanto che l’unica forma di collegamento tra Terni e Rieti era la barca.

 

Bisognerà aspettare il XVI secolo per assistere ad una serie di consistenti progetti di bonifica indirizzati soprattutto al ripristino della canalizzazione del Velino presso le Marmore ad opera dei pontefici Paolo III, Clemente VIII e Pio VI, i quali, nell’ottica di redimere le controversie sulle acque tra ternani e reatini, assoldarono grandi architetti ed ingegneri idraulici quali Antonio da Sangallo il Giovane, Giovanni Fontana, Carlo Maderno, Andrea Vici, ecc.

Inizia in maniera decisa, nel clima della rivoluzione scientifica, la contesa tra la cultura e la natura.

Alla fine del XVIII secolo l’agro reatino era in parte bonificato: di qui in poi avvenne l’edificazione del paesaggio agrario sostanzialmente immutato fino ai nostri giorni. La piana divenne terra di conquista d parte dell’aristocrazia agraria (le nobili famiglie dei Vecchiarelli, Potenziani, Vincentini, ecc.) che sulla messa a coltura delle antiche paludi costruirono la propria fortuna economica. In questo periodo vengono costruite numerose strutture agrarie, tutt’oggi esistenti, come Piedifiume e Settecamini, le numerose case coloniche, segni dello sfruttamento mezzadrile della proprietà terriera, e le ville suburbane nelle aree collinari utilizzate dall’aristocrazia agraria reatina nel periodo estivo.

 

Il XIX secolo è caratterizzato dalla rivoluzione industriale che vedrà l’area ternana impegnata nello sfruttamento delle risorse idriche del Velino come motore energetico per lo sviluppo dei suoi impianti industriali (siderurgici, elettrochimici ecc.) e allo stesso tempo nell’area reatina inizia a prendere piede il progetto per definitiva soluzione al problema della bonifica della valle.

Solo nel secolo successivo, con la fondazione della Provincia di Rieti (1927), e l’istituzione di un Ente predisposto alla bonifica come il Consorzio, istituito nel 1928, iniziarono i grandi lavori di regimentazione delle acque e il grande progetto di strutturare sul territorio “grandi forze idrauliche” capaci di contenere e convogliare le acque. Si ripresero in mano i progetti dell’ing. G. Rimini e vennero creati i due invasi artificiali sul fiume Salto e Turano (1939-1940), vennero canalizzati i principali corsi d’acqua della piana, primo fra tutti il fiume Santa Susanna (1934), vennero realizzati sistemi pianificati di irrigazione (1949), strade di attraversamento della piana, ma soprattutto vide la luce l’opera più importante del sistema di bonifica integrale: l’impianto idrovoro di Ripa Sottile (inaugurato nel 1956). Questo impianto, ancora oggi in funzione, permette l’attività agricola in centinaia di ettari circostanti che altrimenti sarebbero permanentemente sotto alle acque.

 

Il clima positivista ottocentesco diventa quindi il motore che porterà l’homo economicus del XX secolo a segnare la definitiva vittoria dell’uomo sulle acque. Tuttavia la natura sarà solo apparentemente domata in quanto se troppo aggredita, regimentata, convogliata, canalizzata, sottomessa in modo autoreferenziale alla tecnica umana, riprenderà in maniera preponderante i sui spazi dimostrando effimero ogni tentativo umano di contrapporsi antiteticamnte ai fenomeni naturali. Foto: RIETI CITTÀ DELLE ACQUE ©

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