SCACCHI A SCUOLA, SCIENTIFICO JUCCI ECCELLENZA IN ITALIA: CORSO DI 33 ORE

(da repubblica.it, di Corrado Zunino) In Spagna gli scacchi diventeranno materia obbligatoria per diversi percorsi scolastici. In Armenia sono disciplina da praticare in classe da quattro anni. In Italia ci siamo accorti da tempo della funzione accrescitiva delle abilità logico-matematiche da parte dello sport-gioco e da una decina d’anni – senza un intervento centrale del ministero – anche da noi sono cresciute le esperienze, le iniziative, i protocolli didattici.

Solo nel 2014 la Federazione scacchistica italiana e il Movimento sportivo popolare hanno formato 700 insegnanti di scacchi nelle scuole italiane, ora pronti a divulgarne l’uso pedagogico. È dal 2001 che c’è chi, in Italia, lavora all’ingresso della disciplina a scuola. Nel 2005, in previsione delle Olimpiadi (tematiche) di Torino per la stagione successiva, ventimila alunni vennero coinvolti in “Scacchi a scuola in Piemonte”, progetto finanziato da Regione e Compagnia di San Paolo.

Si imparava, e si giocava, in orario scolastico. Dal 2005 al 2014, sotto la supervisione del professor Roberto Trinchero, cattedra di Pedagogia sperimentale a Scienze della formazione dell’Università di Torino, otto ricerche successive su otto classi della terza elementare hanno detto che “il gioco degli scacchi può essere considerato una vera e propria palestra cognitiva”. Sì, “la competizione insita nel gioco motiva i ragazzi a cimentarsi con numerosi piccoli problemi per i quali devono pianificare soluzioni possibili, valutarle, decidere la migliore, sperimentare la propria scelta e avere un ritorno quasi immediato delle conseguenze delle proprie decisioni. Questo processo”, si legge, “è utile per sviluppare autonomia decisionale, responsabilità verso le proprie azioni e accettazione delle conseguenze”.

Le ricerche, successivamente, hanno coinvolto il Cnr di Roma, l’Università di Palermo, l’Università del Piemonte Orientale, il ministero dell’Istruzione, l’Invalsi. E hanno certificato che, quando impiegato come strumento pedagogico, il gioco degli scacchi può supportare il compito degli insegnanti. La pratica scacchistica porta all’affinamento dell’intuizione e delle capacità gestionali di qualunque situazione, produce la considerazione e l’accettazione dei propri limiti e degli eventuali insuccessi, consolida il rispetto delle regole e dell’avversario, fa esercitare pazienza e correttezza.

La società sportiva “Alfiere bianco” di Cuneo oggi coordina un progetto finanziato da Erasmus+, tutto basato sulle conoscenze italiane, che coinvolge la Spagna e la Germania. E se da diversi anni gli scacchi sono materia aggiuntiva di singole scuole elementari e medie, per la prima volta sono diventati attività curricolare – da realizzare, cioè, nell’orario scolastico – nel primo anno del biennio del nuovo liceo scientifico sportivo Carlo Jucci di Rieti, con un primo corso di 33 ore annuali. I risultati ottenuti ai test Pisa (promossi dall’Ocse) suggeriscono che gli studenti italiani non sanno applicare le abilità costruite a scuola in contesti meno strutturati, mostrano difficoltà nei processi di riflessione, riproduzione e connessione delle conoscenze matematiche. Ecco, gli istruttori di scacchi che lavorano con le scuole sono convinti che l’applicazione didattica della disciplina aiuterebbe a superare queste difficoltà. Gli esperti fanno notare, però, che nel Paese ancora non esiste un modo organico di approcciarsi a questo nuovo strumento e molti dei benefici possibili vengono dispersi. Secondo la federazione sportiva, la diffusione del gioco degli scacchi nelle scuole è dovuta a una brillante intuizione di un certo numero di docenti, ma ancora si scontra con le rigidità del sistema e l’obiettiva difficoltà nell’introdurre le lezioni dall’esterno.

Foto: RietiLife ©

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