L’EDITORIAL DI FORMAT, “IO LAVORO… E PENSO A TE”

Di seguito l”editoriale di Format del mese di ottobre 2013 dal tiro”Io lavoro… e penso a te”, firmato da Maurizio Festuccia. Leggi Format QUI 

Oggi, chi s’inventa un lavoro deve avere delle capacità sopra la media, diciamo sovrumane, sia per il coraggio, che per la forza di resistere a tante vessazioni fiscali. Un tempo si diceva che il “posto fisso” era il massimo, il miglior obiettivo da centrare, stare così “a posto” per tutta la vita, senza pensieri e con lo stipendio assicurato ogni mese. Ma ora, che i tempi son repentinamente ed inesorabilmente cambiati, le cose non stanno più così: sempre un numero maggiore di persone tenta la strada dell’imprenditoria privata, la scommessa dell’attività in proprio, cercando miglior fortuna spesso in campi non sempre congeniali alle proprie capacità. Qualcuno, più lungimirante, pur avendo intrapreso questo sentiero da tempo, si ritrova oggi a fare i conti non più solo con il proprio ingegno e le proprie forze, ma con una burocrazia prima ed una pressione fiscale poi che tende esclusivamente a demoralizzare e frustrare anche i più arditi e capaci. Mesi addietro, su questa pagina, dissi che se lo Stato vuole da me, imprenditore privato, oltre il 50% in tasse del mio lavoro (oggi salite a quasi il 70%!), dovrebbe anche sostenere le spese che la mia attività comporta per il 50% (oggi 70). Nel senso: se devo avere un “socio” che trae profitto dal mio lavoro, mi sembra anche giusto che sostenga gli oneri a cui vado incontro quotidianamente in modo paritario visto che, di suo, praticamente non mette niente di niente, nemmeno si sporca le mani. Era una provocazione che non faceva una piega e, difatti, siete stati in molti ad aver apprezzato quella riflessione. Ma ora voglio aggiungere qualcosa in più. Prendiamo, ad esempio, l’IVA (Imposta applicata sul Valore Aggiunto di ogni fase della produzione, scambio di beni e servizi), “Aggiunto” da chi? Il “Valore” di cosa? L’“Imposta” è l’unica cosa certa. In realtà, questa tassa (fino al 1972 era IGE – “Imposta Generale sulle Entrate”…) si calcola solo in base all’incremento di valore che un bene o un servizio acquista ad ogni passaggio economico (valore aggiunto), a partire dalla produzione fino ad arrivare al consumo finale del bene o del servizio stesso. Nel mio caso, ma penso possa essere simile a molti altri, che “creo” dal nulla un bene, un prodotto (pubblicità, ad esempio…) sono costretto a chiedere al mio Cliente il 21% (per ora…) in più del valore commerciale del mio servizio perché questi, poi, lo possa e lo debba defalcare a quanto dovrà versare a sua volta allo Stato. Per cui, il mio lavoro, la mia creatività, dal nulla, ha così fornito allo Stato un’entrata economica che si ritrova nelle proprie casse, ancora una volta senza nemmeno essersi sporcato le mani. Non finisce qui: sono tenuto a riconoscere all’Erario  questa imposta non appena emetterò al mio cliente la relativa fattura. Per cui divento immediatamente, di fatto, un dipendente dello Stato sotto la voce “procacciatore d’affari” in quanto, senza il mio lavoro, nemmeno questa somma gli entrerebbe in tasca. Ho parlato di fattura? Certo! Emetto fattura di un lavoro realizzato, pago allo Stato, anticipatamente, il 70% dell’ammontare imponibile + il 21% (sempre… per ora!) dell’IVA. Risultato: se quella fattura non mi viene onorata col pagamento del cliente, cosa avrei fatto ulteriormente? Avrei anticipato allo Stato gran parte dei MIEI soldi ancora mai riscossi e, per di più, sarei diventato suo “esattore” riconoscendogli, ipso facto, l’imposta Iva, anche qui ancora non riscossa. Mi domando: ma il “Rischio d’Impresa” lo devo sopportare solo io e, per giunta, nemmeno retribuito adeguatamente da nessuno? Oppure sarebbe giusto che lo Stato mi riconoscesse una percentuale sull’ “affare” che gli ho procacciato creandogli dal nulla un bene fruttifero (IVA), oltre alla percentuale di lavoro di esattoria sostenuto addirittura mie spese? (perdita di tempo, utilizzo mezzi propri, commercialista, bolli, spedizioni, banche…!). Che mi assuma, allora, lo Stato! Possiamo parlarne, signor Ufficio delle Entrate!? A quel punto sarete voi a versare i contributi per me e a bonificare lo stipendio sul mio conto, puntualmente ogni mese. Foto: FORMAT ©

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