“L’EDITORIALE DI FORMAT”

“IL NUOVO CHE…AVANZA!” di Maurizio Festuccia.

Dopo l’elezione lampo del nuovo Papa, Francesco, l’Italia ha dovuto affrontare ancora una volta la ribalta sul mondo per un’altra delicata espressione politica di una delle cariche più delicate ed importanti di una società civile, l’elezione del “nuovo” Presidente della Repubblica, il settimo della sua storia. E lo ha fatto in maniera rocambolesca, quasi farsesca, sotto gli occhi di un mondo che guarda con attenzione l’Occidente e tutto ciò che lo rappresenta e coinvolge l’opinione pubblica. Mai come stavolta, lo scrutino dei quasi 1000 voti del Parlamento è stato così travagliato e così “ridicolo”. Tutto sarebbe dovuto cambiare dopo lo sbando in cui il nostro paese era caduto dai giorni del sofferto ma inevitabile incarico a capo del Governo di Mario Monti ed invece oggi siamo qui a ribadire la fiducia ad un quasi novantenne arzillo vecchietto tirato di nuovo in ballo per guidare lo Stato dall’alto del Colle. Uomo saggio e capace nella sua “prima” carica di Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano stava già pregustando una coda di vita tranquilla e serena da trascorrere con la sua amata moglie giocando e passeggiando al parco con i suoi nipotini quando una repentina telefonata gli chiedeva di ricandidarsi a guida del Paese ancora una volta. Mai accaduto nella storia d’Italia quel che è successo stavolta, e per colpa di una classe politica incapace di far valere il buon senso a favore del Paese anziché dei propri sporchi giochi di potere e di poltrona. Ed intanto la barca affonda! Napolitano viene ri-eletto con larghissima maggioranza che nemmeno al primo mandato gli riuscì. Diciamo un “presidente tecnico”? Un “traghettatore”? Un “capro espiatorio”? Un “tappa falle”? Sembra abbia accettato l’incarico ad una condizione: quella di poter scegliere autonomamente il nuovo capo di Governo. Speriamo, almeno, questo ci riconduca sulla via della credibilità agli occhi del mondo intero dopo le pagliacciate degli ultimi giorni, ed il dissesto economico degli ultimi anni. Abbiamo tutti bisogno di fiducia, non solo il presidente della Repubblica. Abbiamo tutti necessità di ricondurre il proprio cammino di vita e di lavoro su binari certi, stabili, reali. Ci stanno togliendo dignità, voglia di vivere, di credere, di agire. C’era bisogno di uno scossone, di un terremoto “benigno”, di uno tsunami benefico, che facesse solo morti tra le cariatidi di un pensiero politico naftalinico, obsoleto, incapace ed irreale. Ed invece ce ne torniamo alla desolazione di sempre, con le pive nel sacco, a contare solo i morti tra la disperazione, l’inevitabile depressione e la reale impotenza di reagire con energia ed entusiasmo. I presupposti per il cambiamento c’erano tutti, quasi si annusavano, quasi si percepivano tangibilmente nell’aria di una primavera tardiva ma che, ne eravamo certi, sarebbe arrivata comunque e prepotente per ricreare quel movimento di ottimismo che tutti anelavamo e in cui riponevamo le ultime speranze per riappropriarci di una credibilità ormai sotterrata dall’avidità degli stolti in giacca (e macchine) blu. Giorgio Napolitano, uno di casa, il nonno della porta accanto, uno che adesso deve far valere il peso della sua decisione di tornare nuovamente a capo di un Paese, dove il meno furbo gli si para dietro come fosse uno scudo invece di tirar fuori le proprie armi, che l’elettorato gli ha conferito per difendere la collettività, ed agire, combattere se ce n’era bisogno, per il bene di tutti e non solo del proprio. Se è il “nuovo” che avanza, teniamocelo buono per il giorno dopo, lo mangeremo, raffermo, continuando a fare sacrifici. O forse no?

Foto: Format © 29 Aprile 2013

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