“L’EDITORIALE DI FORMAT”

L’ACCANIMENTO SU NOI VITTIME di Stefania Santoprete.

È questa l’Economia? È destabilizzare un popolo, togliergli le certezze, i punti di riferimento, i cardini storici e culturali, il senso di appartenenza? È privarlo del suo entusiasmo, della sua speranza, dell’intraprendenza, della voglia di fare? Davvero la legge dei numeri può passare sopra a quello che rappresenta la “vocazione” umana di ognuno di noi? Questo é Governare? Tirare una linea, far tornare i conti, a scapito di tutto e di tutti? Basterebbe quindi essere dei bravi commercialisti per trasformarsi in Grandi Condottieri del XXI secolo? Mentre la Finanza Etica insegna come investire tenendo conto delle caratteristiche insite in ogni popolo e in ogni territorio, quella occidentale sembra dimenticare che ad ogni scelta corrisponde una reazione materiale e psicologica capace come ‘variabile’ di stravolgere il risultato finale ipotizzato. “Condurre il cambiamento” direbbe il nostro Rino Panetti, specializzato in ottimizzazione delle risorse, e non ‘subirlo’. Ma come sottrarsi? Come diventare padroni del nostro futuro in un momento tanto destabilizzante per ognuno? Ogni mattina faticosamente si tenta di conquistare il necessario per sopravvivere e dare ciò che lo Stato chiede incessantemente, nella quasi certezza che tutti i sacrifici fatti sinora in previsione di un avanzamento dell’età e della capacità lavorativa, saranno vanificati, lottando strenuamente contro lo sconforto e il senso di inutilità di ciò che si sta realizzando. Come possiamo in questo clima essere da stimolo per le nuove generazioni? Come motivarle? Come convincerle che l’abnegazione, la passione, la preparazione possano essere garanzia di successo e di riuscita nella vita? “Spending review” la chiamano, perché? Perché non definirlo “Risparmio della spesa pubblica” con un termine comprensibile da tutti? Quasi che comprendere la parola possa essere uno svantaggio per chi la applica… Noi sperduti, stranieri, oggi sì, nella nostra stessa terra. Una terra che non riconosciamo più con quei confini da ridefinire ora sulla carta geografica e politica. Senza interpellarci, senza chiedere il nostro parere. La nostra identità scompare: avevamo chilometri quadrati in abbondanza ma non abbastanza abitati. In un territorio tanto vasto a chi dovremo rivolgerci? Cosa abbiamo noi in comune con Viterbo cui dovremmo essere accorpati? E non si tratta di rivalità, ma di opportunità, di coesione, di complicità necessaria a mettere in atto quelle iniziative che alcuni (Cesena, Forlì, Rimini, Ravenna, ad esempio) stanno già conducendo. Le nuove strutture non saranno solo “minori” in termini di qualità ma avranno anche meno poteri di quelle attuali (gestivano solo 13 miliardi dei circa 800 della spesa pubblica). Sembra dovranno occuparsi solo di strade provinciali, rete dei trasporti locali e del coordinamento delle iniziative per ambiente e rifiuti. Melilli, nella sua duplice veste di presidente della Provincia e del Consiglio delle Autonomie del Lazio che avrebbe dovuto avere voce in capitolo nel riassetto della Regione, ha dichiarato ‘a caldo’ “È gravissimo che il decreto stabilisca che i Cal nella proposta di accorpamento non possano tener conto delle volontà dei Comuni che intendessero cambiare Provincia. Questo vanifica qualsiasi ipotesi di allargamento della nostra Provincia. Si impedisce cioè a tutti quei Comuni della Sabina romana che stavano riflettendo sull’opportunità di essere inseriti nella Città metropolitana di fare scelte diverse… Il Governo distrugge ogni possibilità di riorganizzare il territorio dal basso, annullando le prerogative dei Comuni garantite dalla stessa Costituzione, una rigidità che non era necessaria e che avrà come effetto l’inasprimento dei rapporti tra le autonomie locali di tutto il Paese e il Governo stesso. L’omicidio sarà anche perfetto, quello che non si comprende è l’eccessivo accanimento sulle vittime”. Partendo da questi presupposti, annuncia ricorso al Tar se saranno confermate le scelte che il Governo ha operato. Foto: Format © 2 Agosto 2012

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