“PENNA E CALAMAIO” DI MONICA PULITI

Rieti è tra i capoluoghi di provincia più tartassati d’Italia. Secondo un’elaborazione dell’ufficio studi della Confartigianato di Mestre, i cittadini reatini subiscono una pressione tributaria pro-capite di ben 1.630 euro, a fronte di una media nazionale di 1.230 euro. I dati sono riferiti all’anno 2011, quindi non ancora caricati delle nuove imposte, tra tutte l’Imu. Nonostante questo, Rieti si classifica al 7° posto tra le città più vessate dopo Varese (1.714 euro), Lecco, Bergamo, Monza, Bologna e Sondrio. Milano è all’8° posto e Roma al 18° con 1.462 euro. Tra gli altri capoluoghi laziali, Frosinone e Viterbo sono rispettivamente al 14° e 15° posto con 1.534 e 1.508 euro versati annualmente a Comune, Provincia e Regione. Confartigianato Imprese Rieti specifica che l’indicatore espresso dallo studio di riferisce alla somma delle entrate tributarie versate da tutti i contribuenti al Comune, alla Provincia e alla Regione in rapporto alla popolazione residente. Per quanto riguarda Rieti, questi 1.630 euro sono così suddivisi: 528 euro finiscono direttamente nelle casse del Comune, 70 alla Provincia, 1.032 alla Regione Lazio. Il principio della progressività prevederebbe che, dove si versano più tasse, i livelli di reddito siano mediamente più elevati e la qualità e quantità dei servizi offerti migliori. Ma qui il condizionale è d’obbligo: in una piccola città come Rieti, con gravi problemi di occupazione, dove il sistema impresa tiene a fatica e i servizi pubblici non sono né qualitativamente, né quantitativamente all’altezza, è ancora possibile seguire questa logica? Confartigianato ribadisce che questo studio si riferisce allo scorso anno, subito prima degli aumenti introdotti prima dalle due “manovre d’estate” (Dl 98/11 e Dl 138/11) e poi dal decreto “Salva Italia” (Dl 201/11). L’introduzione dell’Imu (applicata anche alle prime case e con i moltiplicatori per la rendita catastale degli immobili saliti alle stelle) e l’aumento dello 0,33% dell’aliquota base dell’addizione regionale Irpef comporteranno un maggior gettito fiscale di 12,8 miliardi di euro (10,6 per l’Imu e 2,2 per l’addizionale Irpef). E, nonostante questo, gli enti locali non vedranno un euro di più perché le entrate finiranno direttamente nelle casse dello Stato. Per porvi rimedio, i Comuni hanno pensato bene di applicare l’aliquota massima prevista per la tassa sugli immobili, in modo da produrre nuovo gettito fiscale. Confartigianato Imprese Rieti, mesi fa, ha chiesto un confronto con i comuni della provincia di Rieti proprio per scongiurare questa eventualità. Non c’è stata risposta e le imprese si sono trovate a pagare una salatissima prima rata sugli immobili destinati ad attività produttiva. Ma il peggio deve ancora arrivare. Il problema vero si presenterà a dicembre, alla scadenza della seconda rata dell’Imu: un piccolo artigiano con un laboratorio di 400 m/2, rendita catastale 852,50 euro, nel 2011 pagava 607,44 euro di Ici. Quest’anno ha versato come acconto 426 euro, mentre a saldo sborserà 862 euro, dei quali 861 andranno nelle casse del Comune. Una famiglia media, marito, moglie e due figli, con il mutuo da pagare, con una superficie di 100 m/2, ha versato un acconto di 132 euro, pagherà a saldo 364 euro. Quanto andrà al Comune? Ben 232 euro (dati forniti da Confartigianato Imprese Rieti).  Foto: RietiLife © 19 Luglio

Print Friendly, PDF & Email