NO ALL’ITALIA SENZA PROVINCE

Pubblichiamo una dichiarazione del presidente della Provincia in merito al Consiglio provinciale celebrato questa mattina.

“Il dibattito in consiglio provinciale ha fatto oggi giustizia sulla demagogia che circola in molti luoghi del nostro Paese sull’esistenza delle Province. Per il rispetto che si deve a donne e uomini eletti dal popolo, e al di là delle posizioni di ognuno di noi, è bene che il Parlamento decida una volta per tutte se in Italia debba esistere un ente intermedio tra Comuni e Regioni. Bene ha fatto il presidente Napolitano a ricordarci che la strada delle riforme non può essere lasciata a metà. E’ ormai evidente a tutti l’errore compiuto dagli ultimi Governi di affrontare il tema delle riforme in occasioni del varo di leggi finanziarie. Tutti avvertiamo la necessità di snellire radicalmente il nostro sistema pubblico ma sarebbe davvero paradossale arrivare all’eliminazione di un istituzione eletta dal popolo e non toccare le migliaia di enti, agenzie e società dove realmente si annidano gli sprechi ed i costi della politica”.

__

Pubblichiamo l’odg  contro l’abolizione delle Province approvato questa mattina all’unanimità dal Consiglio provinciale di Rieti.

Il CONSIGLIO PROVINCIALE,

riunitosi il 31 gennaio 2012
PREMESSO

che la grave situazione economica e finanziaria impone che tutte le istituzioni si facciano carico dell’equilibrio dei conti pubblici e, allo stesso tempo, di rilanciare la crescita del Paese;

che solo attraverso l’impegno e il concorso di tutte le istituzioni della Repubblica è possibile coniugare risanamento, equità e crescita in una prospettiva di coesione sociale e territoriale;

che l’Italia ha oggi bisogno di un profondo processo di riordino istituzionale con un percorso di riduzione degli sprechi nella spesa;

che il Parlamento il 28 dicembre 2011 ha approvato in via definitiva la legge di conversione del decreto legge 201/2011 che contiene, nell’art. 23, commi 14 – 22, disposizioni che prefigurano uno svuotamento dell’istituzione Provincia, fino alla scomparsa della stessa;

CONSIDERATO

che il Governo ha definito e varato norme che impattano direttamente su istituzioni che sono previste come elementi costitutivi della Repubblica dalla Costituzione senza prevedere, anzi volutamente escludendo, qualunque forma di confronto e preventiva condivisione con i rappresentanti delle Province;

che l’articolo 23, commi 14 – 22, dal punto di vista del merito, è palesemente in contrasto con i principi e le disposizioni costituzionali che disciplinano i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali ed, in particolare, gli articoli 5, 114, 117 (comma 2, lettera p) e comma 6), 118 e 119 della Costituzione ed è, altresì, incongruente con i principi generali e con la disciplina degli enti locali del nostro ordinamento;

che la norma, lungi dal consentire risparmi – come indicato espressamente dalle relazioni tecniche della Camera e del Senato, che non hanno ritenuto di potere quantificare alcuna cifra dai risultati delle misure stesse – produce notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la Pubblica amministrazione, ingenera caos nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori;

che la norma non tiene minimamente in conto dell’aumento della spesa pubblica, pari ad almeno il 25% in più, che si avrebbe dal passaggio del personale delle Province (56.000 unità) alle Regioni o dal trasferimento di competenze di area vasta ai Comuni;

che il decreto non considera l’impatto che il trasferimento delle funzioni e delle risorse oggi gestite dalle Province (12 miliardi di euro secondo gli ultimi dati del Siope) avrà sui bilanci e sull’organizzazione delle Regioni e dei Comuni già oggi gravati dalle difficili condizioni di sostenibilità del loro patto di stabilità;

che il decreto non considera la difficoltà a computare e trasferire il patrimonio e il demanio delle Province: 125.000 chilometri di strade, oltre 5.000 edifici scolastici, 550 centri per l’impiego, sedi, edifici storici, partecipazioni azionarie dotazioni strumentali, ecc.;

che la norma impone una modifica della normativa tributaria, poiché  le entrate tributarie, patrimoniali e proprie delle Province dovranno passare in quota parte a Regioni e Comuni per garantire il finanziamento delle funzioni, proprio nel momento in cui si stanno verificando le condizioni per il passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard nelle Province attraverso l’attuazione delle norme sul federalismo fiscale;

che la norma avrà effetti devastanti sulle economie locali, poiché produrrà il blocco totale degli investimenti programmati e in corso delle Province, perché i mutui contratti dalle Province, nei casi in cui questo fosse possibile, dovrebbero essere spostati alle Regioni o alle altre amministrazioni locali, e che ostacolerà i diversi progetti, anche pluriennali, finanziati dai fondi strutturali Ue o da sponsor o fondazioni bancarie in cui sono impegnate le Province, con il serio rischio di interrompere la gestione delle attività e dei connessi importantissimi flussi di spesa;

APPROVA IL PRESENTE ORDINE DEL GIORNO

Le Province richiedono unitariamente alle Regioni di promuovere i ricorsi di fronte alla Corte Costituzionale, per fare dichiarare l’incostituzionalità delle disposizioni contenute nell’art. 23, commi 14 – 21, del decreto legge 201/2011 che violano i principi costituzionali di autonomia e democrazia e sono in contrasto con la forma di stato prevista dal titolo V, parte II, della Costituzione.

Le Province richiedono unitariamente al Governo e al Parlamento di approvare una riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta che sia basata sulle seguenti priorità:

1.Intervento immediato di razionalizzazione delle Province che dovrà essere effettuata in ambito regionale, mantenendo comunque saldo il principio democratico della rappresentanza dei territori, con organi di governo eletti dai cittadini e non nominati dai partiti.

2.Ridefinizione e razionalizzazione delle funzioni delle Province, in modo da lasciare in capo alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta.

3.Eliminazione di tutti gli enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni democraticamente elette previste dalla Costituzione.

4.Istituzione delle Città metropolitane come enti per il governo integrato delle aree metropolitane cosi da consentire la aggregazione ad altre province di comuni non ricadenti nel sistema metropolitano.

5.Riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato, legato al riordino delle Province.

6.Destinazione dei risparmi conseguiti con il riordino degli enti di area vasta ad un fondo speciale per il rilancio degli investimenti degli enti locali.

Per conseguire questi obiettivi le Province individuano i seguenti strumenti:

l’approvazione urgente di un una norma – nella legge di conversione del Decreto Legge 29 dicembre 2011, n. 216 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative” – che superi l’ipotesi del commissariamento delle Province che dovrebbero andare al voto nella primavera del 2012 e che consenta di prorogare la scadenza degli organi democraticamente eletti fino all’approvazione di una riforma organica delle Province.

l’immediata approvazione della Carta delle Autonomie, inspiegabilmente bloccata al Senato, per definire “chi fa che cosa” ed eliminare i costi e le disfunzioni prodotti dalle duplicazioni delle funzioni e per  razionalizzare l’intero sistema istituzionale locale, in attuazione dei principi previsti dal nuovo Titolo V, parte II, della Costituzione;

la rapida approvazione delle proposte di riforma costituzionale attualmente depositate presso la Camera dei Deputati sul riordino delle Province e delle Città metropolitane, per assegnare alle Regioni un ruolo centrale nel dimensionamento di tutte le istituzioni territoriali.

Il Consiglio provinciale dice no ad un’Italia senza Provincia perché:

Ci sarebbero meno garanzie democratiche.
Verrebbero garantite meno opportunità a chi è più debole.
Diminuirebbe l’identità locale fatta di storia e cultura.
Le Istituzioni si allontanerebbero dai cittadini.
Il Consiglio provinciale chiede:

1.ai Parlamentari del territorio di farsi promotori in Parlamento di iniziative volte a garantire l’esistenza delle Province intese come strumento di partecipazione democratica dei cittadini nel governo  del territorio;

2.alle organizzazioni sindacali di mobilitarsi contro l’abolizione o allo svuotamento delle Province, per tutelare le persone che ci lavorano;

3.Alle forze economico-sociali di mobilitarsi per ristabilire un punto di riferimento istituzionale certo nel territorio, per garantire il rilancio degli investimenti per lo sviluppo locale.

4.Ai cittadini tutti, agli uomini di cultura, alle associazioni e ai gruppi di volontariato di manifestare il loro amore per il territorio,  opponendosi all’abolizione o allo svuotamento delle nostre Province,  o alla loro trasformazione in enti nominati dai partiti e non eletti direttamente dal popolo.  Foto (archivio): Emiliano GRILLOTTI © 31 Gennaio 2012

Print Friendly, PDF & Email