Terremoto, la perizia: “Per le case popolari di piazza Sagnotti si risparmiò sul calcestruzzo. E non solo”

Il consulente della Procura di Rieti, Antonello Salvatori, ha ricostruito le cause del crollo delle due palazzine di edilizia residenziale pubblica crollate ad Amatrice. E il Corriere della Sera Roma riporta quanto sta emergendo nel processo sui crolli di Piazza Sagnotti.

(dal Corriere della Sera Roma – Ilaria Sacchettoni) Si risparmiò sul calcestruzzo e sulle staffe, sulle armature e sullo spessore dei pilastri, sottili e liberi di fluttuare tra loro, addirittura privi di travi di collegamento. Si fece economia sulla realizzazione e sui collaudi dell’opera e quando divenne chiaro che le due palazzine popolari realizzate in piazza Sagnotti ad Amatrice non avevano più nulla del progetto originale depositato al Genio civile, allora, con l’aiuto di funzionari pubblici, si truccarono le carte. E in Comune si dichiarò l’agibilità e la conformità («salvo modifiche di modesta entità») di quei fabbricati alle norme antisismiche, in realtà macroscopicamente eluse dalla Sogeap srl.

Sono queste le accuse emerse nell’inchiesta su cui il consulente della Procura di Rieti è chiamato a deporre nell’aula del tribunale dove si celebra il processo per i morti di Amatrice. «La prima volta che visitai i crolli – spiega l’ingegnere Antonello Salvatori rispondendo alle domande del pm Rocco Maruotti — mi resi conto che si era verificato l’effetto “pancake”, cioè un cedimento a strati dei diversi piani dell’edificio». Sono i primi di settembre del 2016, pochi giorni dopo la notte del 24 agosto e piazza Sagnotti è un rompicapo: da un lato palazzine senza una crepa, dall’altro edifici della stessa epoca (anni Settanta) interamente collassati. Stesso know how diversa riuscita. Possibile? La differenza tra gli uni e gli altri appare decisiva: i fabbricati in piedi sono privati, quelli crollati (18 morti) sono pubblici. Sulla realizzazione dei primi si è vigilato, verificando punto per punto la conformità al progetto originale. Sugli altri si è lasciato fare, chiudendo un’occhio.

«Già da una prima impressione — sottolinea Salvatori — si era capito che c’erano problemi di ancoraggio dei pilastri e di qualità del calcestruzzo. Un terremoto dalla potenza comune, non eccezionale per l’Appennino italiano, provocò crolli di quella portata. Ci chiedemmo perché». A posteriori, secondo i sismologi, il morso del sisma, la sua energia distruttiva si concentrò in pochi secondi. «La parte violenta è durata circa tre secondi — spiega il consulente —. Quello dell’Aquila fu tre volte più forte». All’epoca Salvatori, con in mano i progetti del Genio civile, fa una scoperta inquietante: «Non corrispondevano le armature dei pilastri con quello che era stato depositato al Genio civile. Neppure le connessioni dei pilastri corrispondevano. Mi dissi che doveva esserci altrove un progetto aderente alla realtà».

Andando avanti nel suo lavoro fra le macerie il consulente ricostruisce che fra travi e pilastri manca un’ancoraggio strutturale: l’ossatura delle palazzine dello Iacp di Rieti è gracile, i tre piani sono fragili. Un pancake, appunto. Alla prima scossa di terremoto si sarebbe prevedibilmente verificato «lo sfilamento delle travi stesse dai nodi travi-pilastro con conseguente labilizzazione delle strutture e collasso globale dell’edificio» come spiega, oggi, il capo d’imputazione per quei crolli. Dopo il collaudo dell’opera fu chiaro che le palazzine di piazza Sagnotti, svincolate dal progetto originale, erano due «realizzazioni abusive», una proiezione al risparmio delle intenzioni iniziali. Invece di denunciare i fatti alla Pretura dell’epoca, l’ex presidente dello Iacp Franco Aleandri chiese l’abitabilità, l’allora geometra del Genio civile Maurizio Scacchi dichiarò la conformità dell’opera e l’assessore alla Casa dell’epoca, Corrado Tilesi,ne autorizzò l’abitabilità «omettendo di rilevare l’irregolarità dell’iter autorizzativo» seguito. Oggi sono imputati di disastro colposo e omicidio colposo plurimo assieme a progettista e amministratore delegato della Sogeap, rispettivamente Ottaviano Boni e Luigi Serafini. Il loro esame partirà domani. Le testimonianze dei sopravvissuti, assistiti dall’avvocato Wania Della Vigna, sono già iniziate.

Foto: RietiLife ©

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