Carlo Verdone intervistato da RietiLife: “Vi racconto il mio amore per la Sabina” / Sabato ospite al Rieti Sport Festival

(di Sabrina Vecchi) Attore, regista, sceneggiatore ma soprattutto costantemente protagonista nel cuore del pubblico: è Carlo Verdone l’ospite più atteso dell’edizione 2017 del Rieti Sport Festival. In attesa della serata di sabato al Parco del Coriandolo, l’intervista telefonica con Verdone ha assunto subito le caratteristiche di una conversazione piacevole e confidenziale, di quelle che si fanno con persone che fanno parte della vita da sempre.

Nella voce, nei modi pacati e signorili di Carlo Verdone, fanno capolino continuamente le somiglianze con il compianto padre Mario, grande studioso, critico e pioniere dell’insegnamento universitario del cinema, a cui molti devono moltissimo. Ed è proprio da Mario che si parte, nei ricordi dell’acquisto dell’amata casa in Sabina della famiglia Verdone.

-Come decisero i suoi di prendere casa nelle nostre zone?

“Successe che la baronessa Gabriella Camuccini regalò a mia madre, della quale era grande amica, un terreno in Sabina con annessa una chiesetta del ‘600: fu così che i miei scelsero quel luogo per la nostra casa di campagna. Mia madre frequentava molto la famiglia Camuccini, trascorse praticamente tutto il periodo della guerra con loro, in quella splendida campagna che le era entrata nel cuore. E dirò di più, ritengo che ci siano buone probabilità che io sia stato concepito in quella casa, se così fosse saremmo ‘compaesani’ e ne sarei molto fiero, sono legatissimo alla Sabina e a Rieti, ricordo anche una bellissima serata al Teatro Flavio Vespasiano in occasione della presentazione del mio libro, ricevetti una splendida accoglienza!”

-Una casa che racchiude tanti ricordi anche per lei…

“Sì, la amo molto, credo che quando non lavorerò più manterrò un appartamento più piccolo a Roma e verrò a vivere stabilmente in Sabina, l’ho appena risistemata con degli importanti lavori di adeguamento sismico fatti dopo il terremoto de L’Aquila, le fragili fondamenta si erano danneggiate per cui ho dovuto con tristezza abbattere la vecchia struttura, ma ora è davvero meravigliosa ed ha mantenuto lo stesso stile. Sarà il ritiro più bello che io possa immaginare”.

-Si è mai ispirato a quelle zone per qualcuno dei suoi personaggi?

“Sì, ho scopiazzato soprattutto quelli clericali. Mi ricordo che ero incantato dalle omelie di un prete che era a Casperia negli anni ‘60, da lui ho assorbito tante cose, la cadenza, il modo di fare, i discorsi. E fui io a suggerire ad Enrico Montesano di interpretare una donna sabina, Aida, in un celebre sketch: fu bravissimo, la rifece uguale!”

-Qui a Rieti sarà ospite di un evento sportivo, che rapporto ha con lo sport?

“Ormai ahimè da spettatore, ma l’ho praticato tanto da giovane, ero forte e veloce. Avevo 13 anni, a scuola portarono noi ragazzi in un campo del Foro Italico per sondare le nostre attitudini sportive, così io scelsi il giavellotto, in campagna non facevo altro che tirare cannucce, mi piaceva moltissimo. Il preparatore non era molto fiducioso, tanto che mi fece iniziare con un giavellotto femminile, più leggero. Invece stupii tutti, ero davvero bravo, avevo un futuro agonistico davanti! Ma un giorno durante la salita della pertica la violenta pallonata sulla schiena di un compagno di classe mi stoppò la carriera… si vede che il destino voleva che io facessi un altro mestiere…”.

-Lei gode di un’altissima popolarità, le capita di sentirsi un po’schiacciato dall’assalto dei fans?

“No, è una cosa che in fondo ho scatenato io… certo, può capitare che io voglia visitare una città in anonimato e non mi è possibile, ma l’affetto della gente è così bello e caloroso che non si può vederne il lato negativo… e poi, se non mi chiedessero più nulla, vorrebbe dire aver fallito!”.

Foto:(archivio) GRILLOTTI ©

 

Print Friendly, PDF & Email