Rsa Santa Rufina, l’appello dei familiari al vescovo: “I politici non ci aiutano, lo faccia lei”

“Nella RSA di Santa Rufina di Cittaducale si è riunito ieri, in autoconvocazione, il Comitato dei familiari degli ospiti della struttura a seguito delle preoccupanti notizie di drastico ridimensionamento in termini di finanziamento in compartecipazione che la Regione Lazio vorrebbe operare”.

LA LETTERA DEI FAMILIARI A ISTITUZIONI E VESCOVO POMPILI

Era presente il responsabile della proprietà, le OO.SS di categoria ed il personale addetto.
La paventata “rimodulazione” da 70 a soli 38 posti letto della struttura, sulla pelle di assistiti ivi ricoverati, costituisce un fatto gravissimo solo se si pensa alla particolare gravità delle patologie di cui le famiglie non sono in grado di poter far fronte sia dal punto di vista del trattamento delle stesse che da quello prettamente economico.

Nel corso degli ultimi due anni, si sono susseguiti tagli all’assistenza agli anziani ospiti delle RSA, a seguito delle norme regionali che stanno dando attuazione a partire dall’01/01/2015 al DPCM n. 159/2013 che ha ulteriormente aggravato di costi le famiglie, in termini di compartecipazione, anche a causa del nuovo sistema di calcolo dell’ISEE, che include nel reddito tutti i familiari, anche non conviventi. Tutto questo però sembra non essere sufficiente a soddisfare la “bulimia” di un sistema sanitario regionale.

Il Lazio è la seconda regione (dopo la Campania) con la fiscalità più alta in Italia attraverso l’addizionale regionale IRPEF a causa del peso del maxi-debito sanitario certamente non ascrivibile a noi. Di contro il Lazio ha un grado di assistenza domiciliare 3 volte più basso rispetto al valore soglia previsto in una provincia con un indice di vecchiaia (over 65) di oltre 4 punti più alto del dato regionale.

I familiari degli assistiti denunciano, sentendo il dovere di dar voce ai loro congiunti non in grado di poterlo fare, la gravità di una situazione che se confermata comporterebbe:
SUL FRONTE ASSISTITI:
• rientro a domicilio di pazienti con gravi patologie, con necessità di maggiore richiesta di assistenza sanitaria domiciliare medica ed infermieristica che la ASL di Rieti non è in grado di soddisfare, maggiori oneri di cura a carico delle famiglie già in difficoltà economiche, aumento dei ricoveri impropri negli ospedali, con costi quattro volte superiori a quelli di una RSA con evidente aggravio di spese per la collettività.
• riduzione dei nuovi ricoveri e dimissioni volontarie di molti utenti già ospitati nella struttura, per impossibilità a sostenere il peso economico della retta;
• peggioramento della qualità di vita degli anziani e dei familiari con il conseguente aumento delle richieste di permessi di assistenza ex legge 104/1992 per i familiari costretti a fornire le cure con ulteriore aggravio di spese per la collettività;
SUL FRONTE OCCUPAZIONALE:
• svuotamento delle RSA accreditate con conseguente crisi del settore e riduzione dei livelli occupazionali (nella struttura sono impegnati circa 50 tra medici, infermieri, fisioterapisti, amministrativi ed operatori socio sanitari.);
• sostanziale svilimento dell’intero settore, che risulta essere tra i pochi in grado di incrementare l’occupazione, e la redditività sociale, in misura superiore alla spesa.

Vista la paradossale situazione venutasi a creare, ci piacerebbe che qualcuno ci spiegasse come mai da un lato si vuole tagliare il 42% dei fondi all’unica struttura ben funzionante nel territorio “reatino”, modificandone a metà anno la configurazione degli accreditamenti e dall’altro si apprende di inaugurazioni di altra RSA come a Borbona o in altri paesi decentrati rispetto al comune capoluogo?

Che senso ha “spogliare un altare per vestirne un altro”? Siamo forse di fronte al solito gioco di chi ci guadagna e chi ci perde magari in termini di consenso politico? Se questo è il fine i politici tutti sappiano che i familiari degli assistiti respingono preventivamente con forza il concetto di ipotesi di migrazioni coatte dei loro familiari come fossero pacchi postali e non persone bisognose di cure con le loro disabilità ma anche e soprattutto rispettando la loro dignità e per le quali, non bisogna dimenticarlo, è indispensabile consentirgli di trascorrere la parte finale della loro vita in ambiente familiare e con la vicinanza dei loro cari.

Basterebbe visitare (e non solo inaugurarle) queste strutture per capire di cosa hanno bisogno le persone ivi ospitate, anche da anni, vedere le cure specialistiche ed anche affettuose che ricevono dal personale sanitario ma anche dai familiari che quotidianamente con la loro presenza e conforto cercano di farli sentire ancora nelle loro case.

In ultimo, ma non certamente per importanza, rivolgiamo un appello a S.E il Vescovo di Rieti che recentemente ha fatto visita presso l’RSA di S. Rufina, chiedendo a Lui di tendere una mano a chi soffre ma anche a chi soffre insieme a loro. Siamo certi che almeno in questo caso il nostro appello non rimarrà inascoltato aspettandoci dal nostro Vescovo un intervento “coraggioso” in linea con il suo modo concreto di impegno per i problemi della gente.

Foto: RietiLife ©

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