Paesaggi mozzafiato e visita alle Grotte: andiamo alla scoperta di Pescorocchiano con ‘Paese che vai’

Ennesimo appuntamento con la confermatissima rubrica settimanale di RietiLife Paese che vai” che, curata dalla nostra Martina Grillotti, punta a far conoscere, ai reatini e non, i nostri comuni. 73 bellezze tutte da scoprire, tra architettura, storia, gusto, appuntamenti. “Paese che vai” punta a creare un almanacco, un’agenda, che permetta a tutti di saperne di più dei nostri paesi, di scoprirli prima leggendo e poi visitandoli, in un weekend, in un giorno, per una vacanza lunga o corta, per un pranzo o una cena. Vi consiglieremo cosa visitare e gli eventi irrinunciabili cui è impossibile non partecipare. RietiLife è disponibile a integrazioni e segnalazioni, pronta ad ascoltare tutte le realtà del territorio. Scriveteci! [email protected]

(di Martina GrillottiAndiamo oggi alla scoperta di Pescorocchiano, il comune delle Grotte, con una storia antichissima e 27 piccole frazioni oltre che pieno di paesaggi mozzafiato.

DOVE SI TROVA? – Pescorocchiano sorge ad un’altitudine di 806 metri sul livello del mare e dista da Rieti città quasi 50km in macchina. I suoi 1990 abitanti si trovano distribuiti tra le tantissime frazioni su un territorio di 94km quadrati. A presentare il comune è il sindaco, Ilaria Gatti: “Pescorocchiano è un comune montano con 27 piccole frazioni. La produzione principale è rappresentata dalle castagne rosse del Cicolano, la risorsa turistica più importante sono le Grotte di Val de Varri. Abbiamo all’interno del nostro comune diversi splendidi cammini come quello dei Briganti, il Sentiero Europeo e il Cammino dei Parchi, dai quali si godono splendidi panorami sul Lago del Salto e su boschi verdissimi, nei quali è possibile raccogliere funghi e tartufi. Sono in carica da tre anni e le cose da fare sono molte, ma noi ci crediamo e cercheremo di fare il più possibile. Tra i progetti in cantiere vi sono la manutenzione straordinaria dei centri sportivi di Pescorocchiano e S. Elpidio, la creazione di un ostello ad Alzano recuperando un vecchio stabile, la formazione di una casa della Salute a S. Elpidio, l’efficientamento energetico della pubblica illuminazione e della sede comunale, la sistemazione della piazza storica di Pescorocchiano capoluogo e di altre piccole frazioni che ne sono prive come Campolano e Colli di Pace, cercheremo di migliorare l’aspetto urbanistico di ogni frazione. Abbiamo avviato il progetto ‘Una Fontana in un paese ci vuole’ per recuperare alcuni vecchi fontanili e in questi tempi di pandemia infine per evitare spostamenti agli anziani stiamo avviando il progetto ‘Una bottega volante’ per la consegna a domicilio di generi alimentari”.

QUANDO NASCE? – Nell’attuale territorio comunale di Pescorocchiano sorgeva l’antica Nersae che fu città degli Equicoli e in un secondo momento diventò municipium romano. Nersae aveva un’origine protostorica, secondo quanto riportato dal poeta Virgilio, origine che sembrerebbe confermata dall’insediamento pre-protostorico nella grotta di Val de’ Varri, situata tra l’omonimo paese e la contemporanea Nesce, abitata ininterrottamente dall’età del Rame fino al Bronzo medio (XVI-XIV secolo a.C.). Il sito ha restituito ciotole, tazze, piatti e grandi vasi per la conservazione dei cibi ma anche un’accetta levigata in pietra verde ed altri oggetti in selce e metallo, il tutto è esposto nel museo archeologico Cicolano di Corvaro.
Con la fondazione del municipium, in epoca tardo-repubblicana, il sito diventa di grande importanza, in particolare nel momento in cui nasce la Res publica aequiculorum. Il Foro della città di Nersae è stato localizzato poco fuori Civitella, presso il Casale di S. Silvestro, qui è presente una spianata artificiale dove sono state riportate alla luce molte are, colonne e capitelli in marmo, alcune cisterne rivestite di cocciopesto, molte epigrafi (oggi murate tra Nesce e Pescorocchiano) e resti di mura in opera poligonale.

Il borgo medievale invece, chiamato originariamente Castrum Pescli, si sviluppò intorno al castello del Peschio, una struttura militare posta sulla rupe che domina la zona come dimostra il toponimo, derivante dal termine latino Pesculum, ovvero luogo posto in alto. Nel 1183 Pescorocchiano figura tra i piccoli fondi della zona, sotto la baronia di Gentile Vetulo, a seguito della suddivisione del contado realizzata da Guglielmo II. Il Giustizierato d’Abruzzo fu diviso in due parti al di qua e al di là del fiume Pescara da Carlo I d’Angiò nel 1273. Pescorocchiano figura nella zona al di là del fiume. Nel 1418 il centro entrò a far parte dei possedimenti della famiglia Mareri, precisamente di Niccolò, ma anche degli Orsini e dei Colonna, mentre nel 1511 appare ricompreso fra i beni che Carlo V dette in dono ad Antimo Savelli per i servigi che questi gli aveva reso. Infine, nel 1808 Pescorocchiano entrò a far parte del circondario di Borgocollefegato (l’odierna Borgorose), fino a quando la nuova provincia dell’Abruzzo Ulteriore Secondo venne suddivisa in tre distretti. Il territorio è stato incluso in quello abruzzese fino al 1927, anno in cui venne aggregato alla nuova provincia di Rieti.

COSA VEDERE? – Tra i luoghi più caratteristici del comune c’è senza dubbio il Castello Baronale e il Belvedere, qui nel Medioevo sorgeva il Castello del Peschio: uno splendido spazio tra verde e selciato da cui si può ammirare la vallata e molti degli altri castelli del Cicolano. Dell’antico castello è rimasta solo una torre che è diventata ora abitazione privata. Certamente imperdibile è una tappa al Museo del Castagno e dei Funghi, che si trova nella frazione di Santa Lucia di Gioverotondo, ed è a cura dell’Amministrazione dei beni separati di uso civico, in cui sono raccolti documenti, fotografie ed oggetti riguardanti la castanicoltura, attività fondamentale per il territorio. Di grande rilevanza è anche Il castello di Roccaberardi, nell’omonima frazione, che fu fondato, secondo la tradizione, dal Conte Berardo detto il Francico nel X secolo ed oggi distrutto. Nel sito è possibile ammirare uno splendido panorama e vedere contemporaneamente le vette del Monte Nuria, del Monte Navegna, del Terminillo e del Gran Sasso.
La più grande attrazione turistica del comune, nonostante la meravigliosa aria medioevale che si respira in tutte le frazioni che lo compongono, rimangono le Grotte di Val de’ Varri, un complesso di cavità fossili che sono state inaugurate nel 2003, il sito è anche conosciuto come “Inghiottitoio di Val de’ Varri”. Il percorso turistico parte in prossimità dell’area di parcheggio per protrarsi in un percorso didattico, corredato da nove pannelli. Si può costeggiare il letto del Rio Varri a destra e il vecchio mulino a sinistra e conduce all’ingresso della grotta costituita da due rami principali. I due rami si ricongiungono dopo circa 100 m. nel punto più basso dove le acque tornano in superficie e dal lato sinistro si immettono in quello destro per continuare il percorso ed alimentare i piccoli laghi sotterranei. E’ qui che scorgiamo anche un importante angolo archeologico nel quale sono stati rinvenuti i reperti.

QUALI SONO I PRINCIPALI APPUNTAMENTI? – Le feste principali del comune si svolgono nel mese di novembre, mese si raccolta della famosissima castagna rossa del Cicolano, proprio per questo all’inizio del mese si svolge in paese la sagra, arrivata alla sua 37esima edizione e che trova da sempre seguito in tutta la Provincia. Nello stesso mese, precisamente il 30 novembre vi sono poi i festeggiamenti per il Santo Patrono che è Sant’Andrea e che viene onorato dagli abitanti con una giornata di festa e con la messa solenne. Nel territorio del comune ogni anno, d’estate, vengono organizzate circa 15 feste patronali corrispondenti ad altrettanti villaggi che fanno capo ad una medesima chiesa. Si tratta di un’usanza secolare probabilmente originaria del Medioevo che risale al momento della fondazione dei centri abitati e dei luoghi di culto ad essi dedicati. Alcuni documenti confermano come la tradizione abbia avuto carattere ininterrotto nel tempo. La visita apostolica del vescovo di Rieti del 1574 descrive l’esistenza di 16 confraternite laiche intitolate ai Santi ed evidentemente deputate alla realizzazione della festa. In alcuni casi, esse possedevano terreni il cui affitto serviva a pagare le spese. Originariamente le feste coincidevano con il calendario prescritto dalla liturgia del giorno e di conseguenza si dislocavano lungo tutti i 12 mesi; in seguito verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento i villaggi hanno cominciato a spostarle nei mesi di maggio, agosto e settembre, abbinando inoltre la festa del Santo con quella della Madonna in giorni di festa consecutivi. L’arricchimento del programma con spettacoli quali fuochi serali e complessi, lo slittamento nei fini settimana e nei periodi di vacanza, l’aumento del budget e la nascita di soggetti organizzatori pratici ed efficienti, hanno consentito di adattare la tradizione ai tempi e di mantenere intatto il nucleo essenziale, consistente nella celebrazione della festa in onore dei Santi. Alcune costanti come l’apertura con colpi sicuri, i momenti liturgici, la presenza della banda musicale, il ballo della Pantasima, la convivialità con amici e parenti, rappresentano la memoria lunga della festa e persistono inalterate.

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