Cantalupo in Sabina: un museo all’aperto tutto da scoprire con ‘Paese che vai’

Ennesimo appuntamento con la confermatissima rubrica settimanale di RietiLife Paese che vai” che, curata dalla nostra Martina Grillotti, punta a far conoscere, ai reatini e non, i nostri comuni. 73 bellezze tutte da scoprire, tra architettura, storia, gusto, appuntamenti. “Paese che vai” punta a creare un almanacco, un’agenda, che permetta a tutti di saperne di più dei nostri paesi, di scoprirli prima leggendo e poi visitandoli, in un weekend, in un giorno, per una vacanza lunga o corta, per un pranzo o una cena. Vi consiglieremo cosa visitare e gli eventi irrinunciabili cui è impossibile non partecipare. RietiLife è disponibile a integrazioni e segnalazioni, pronta ad ascoltare tutte le realtà del territorio. Scriveteci! [email protected]

(di Martina GrillottiOggi il nostro treno virtuale si ferma a Cantalupo, un paese che ha tantissimo da visitare, un vero e proprio museo all’aperto che da Porta Maggiore alle piccole e grandi chiese, dentro e fuori l’abitato, colpisce l’attenzione e rimane nei cuori di chiunque lo visiti.

DOVE SI TROVA? – Cantalupo in Sabina è un suggestivo borgo che custodisce gelosamente il suo palazzo-museo, adagiato sui contrafforti che dividono i torrenti Aia e Galantina, negli oliveti tra i Monti Reatini e il fiume Tevere. Si erge a 297 metri sul livello del mare e con i suoi 1681 abitanti occupa una superficie di 10km quadrati. A presentare Cantalupo è il sindaco, Paolo Rinalduzzi: “La posizione geogra?ca, per Cantalupo ha sempre rappresentato uno dei volani più importanti per lo sviluppo delle attività commerciali e per quelle produttive. Ancora oggi, nonostante la razionalizzazione dei servizi, il paese offre una qualità della vita molto elevata: dentro i propri confini si può essere ancora autosufficienti in ogni ambito, da quello alimentare al resto delle attività necessarie ai cittadini. Lo scorso anno, dopo aver demolito la vecchia struttura, è stata inaugurata la nuova scuola, una costruzione moderna e tecnologica, tra le poche della Provincia di Rieti ad essere adeguata alla normativa antisismica vigente. Le attività culturali, inoltre, sono sempre fiorenti, in questi ultimi anni tante sono state le iniziate intraprese dall’amministrazione e, per quest’anno, adeguando le stesse alle nuove normative anti-Covid, proseguirà la programmazione delle stesse, a partire dalla rassegna cinematografica interamente dedicata al ruolo della donna, diretta da Luca Verdone, che ha avuto un successo di pubblico straordinario. Da quest’anno poi, dopo una attesa che dura da qualche decennio, la comunità e il territorio tutto, potranno godere dello straordinario Parco Camuccini, quasi quattro ettari di verde a ridosso del paese, la cui cessione in comodato d’uso gratuito, grazie ad un accordo raggiunto tra il Sindaco e la proprietà, è stata firmata proprio nella mattinata odierna, all’interno della nuova Sala Consigliare. Nella stessa, tra l’altro, sempre da oggi, sarà esposta una straordinaria collezione entomologica donata dalla famiglia Camuccini al Comune, con esemplari di farfalle di ogni tipo, alcune di dimensioni straordinarie e di altri insetti provenienti da tutto il mondo. Il resto delle attività si concentrano nel grande lavoro di manutenzione del paese, con tutti gli sforzi di un tempo sempre più complicato ma che, nonostante tutto, ci permette di chiudere il rifacimento delle strade di campagna, l’ampliamento della pubblica illuminazione atteso da anni nelle zone di periferia e una serie di nuovi progetti in corso di ultimazione, dopo quelli conclusi da poco, come il servizio di videosorveglianza e il nuovo campetto sportivo sintetico, ultimato anch’esso lo scorso anno”.

QUANDO NASCE? – Il toponimo del comune ha un’origine incerta e avvolta nel mistero, tuttavia la leggenda racconta che ci fosse un lupo che stanziava su una collina del paese e che ululando sembrava cantare, da qui il nome di “Cantalupo”. Il territorio, durante l’epoca romana era interamente costellato di ville rustiche residenziali e fu intorno a queste stesse che nel Medioevo sorsero i Pagi e i Vici, i cui abitanti però, a causa delle successive invasioni barbariche, furono costretti a rifugiarsi sul punto più alto del territorio circostante fondando così il “Castrum Cantalupi”, citato per la prima volta dal registro Farfense nell’anno 1037. La rocca primitiva del paese nacque per mano dei Conti di Cuneo, mentre il Palatium nacque per volere dei Conti di Sant’Eustachio, tra il 1200 e il 1300, questi governarono il paese fino al XIV secolo e da quel momento passò nelle mani della famiglia Savelli che lo tennero fino alla fine del secolo successivo. Ai Savelli si succedettero, nei due secoli successivi i Cesi di Acquasparta e di Rignano che nel tenere il paese hanno trasformato il castello dei Savelli nel Palazzo residenziale (Palazzo Cesi). Guido Vaini, marchese di Vacone, compra il castello ed il feudo dai Cesi, passando poi l’eredità ai Lante della Rovere, che vi restano sino al 1804. Dai Lante della Rovere la proprietà del Palazzo, il ricco patrimonio terriero e diversi possedimenti immobiliari, passarono nelle mani di diversi signori, dal Patriziato Sabino ai Simonetti, quindi al francese De Podenas.

Nel 1862 Giovanni Battista Camuccini, figlio del pittore neoclassico Vincenzo, acquista il patrimonio dell’ex feudo e trasforma il “Palazzo” in un museo. Amministrativamente, Cantalupo è in origine comunità indirettamente soggetta alla Camera Apostolica, poi, con la caduta del sistema feudale, passa direttamente sotto il Governo Pontificio (1816). Nel 1861 entra a far parte del Regno d’Italia, aggregato alla provincia di Perugia, poi a quella di Roma, finché nel 1927 viene incluso nella nuova provincia di Rieti.

COSA VEDERE? – Il paese conserva un immenso patrimonio culturale tanto che si definisce un “museo all’aperto” perché conserva anche molto gelosamente la storia vissuta: del museo, così costituito fanno parte la Porta Maggiore, il Palazzo Camuccini e le numerose chiese sparse sul suo territorio.

Porta Maggiore, conosciuta anche come Porta dell’Orologio, è la porta principale del paese. Per dare maggiore lustro, su di essa sono state posizionate due statue dedicate alle divinità Mercurio, sulla sinistra e Minerva sulla destra, ma comunemente conosciute come “Bammocci”. Le due statue sono un simbolo della città; sono state realizzate in marmo bianco, sono alte 1,20 metri e raffigurate a figura intera. Alla statua della Dea Minerva manca la testa però la testa. Sembrerebbero entrambe del XVI secolo. Una leggenda narra che, nell’antico passato, fu chiesto di scegliere, agli abitanti, tra l’acqua e i bammocci e loro preferirono questi ultimi. Per questo motivo, scherzosamente, i cantalupari vengono anche soprannominati “Bammocciari” per il forte legame con le due statue.

Il Palazzo Camuccini è invece di epoca rinascimentale e fu edificato dal cardinale Pier Donato Cesi sui ruderi della Rocca dei S. Eustachio e dei Savelli (palatium). Successivamente divenne la dimora dei feudatari Vaini, Lante della Rovere. Fu acquistato da Giovanni Battista Camuccini che lo trasformò in museo. Dopo le manomissioni belliche e altri avvenimenti, è tornato ad essere il palazzo Baronale. Nel Palazzo Camuccini è custodita la stanza dove pernottò Giuseppe Garibaldi prima della battaglia di Aspromonte.

Nel territorio comunale sono numerose anche le chiese, per la maggior parte sono piccole ma maestose, alcune sono molte antiche, altre recentemente ristrutturate, ve ne sono di pubbliche e di private e sono poste all’interno del paese o nel verde della natura. La più imponente e conosciuta è quella principale che si trova proprio accanto al Palazzo Camuccini, si tratta della chiesa dedicata Maria SS. Assunta in Cielo, questa è la chiesa parrocchiale, probabilmente opera dell’architetto Francesco Rosa anche se il disegno e la supervisione sembrano da attribuirsi all’architetto Carlo Fontana, è ad una sola navata, a pianta ovale con abside semicircolare. L’Altare Maggiore, con colonne di cipollino verde e capitelli corinzi è abbellito da un quadro, racchiuso in cornici di marmo colorato, raffigurante la Vergine Assunta del 1753 e San Biagio. Ai lati della navata si aprono due cappelline con arco a pieno centro. In quella di destra è collocato il Tabernacolo in marmo e bronzo, dalla tipica forma seicentesca, a colonnine sostenenti archi a tutto sesto decorati con festoni. Nella parte centrale dei timpani spezzati, rimangono cinque degli otto angeli che completano il bell’insieme in armonica linea. In una cappella detta dei “Re Magi” c’è un’urna funeraria circolare di epoca romana che funge da fonte battesimale. Il pavimento a mattoni rossi, risalente all’ultimo restauro, ha coperto le preesistenti pietre sepolcrali con relative iscrizioni. Vi è poi la Chiesa in San Girolamo in Piazza Garibaldi, questa fu costruita alla fine del XV secolo a chiusura del borgo, per volere della compagnia di San Girolamo, i cui membri vi avevano diritto di sepoltura. La chiesa, durante la Seconda guerra mondiale fu minata dai tedeschi in ritirata ma fu ricostruita in due tempi: nel 1952 le pareti laterali, nel 1968 il tetto e l’interno. Fu anche ricostruito il campanile a vela e l’altare maggiore secondo i canoni della nuova liturgia. Pur non essendo sconsacrata, la Chiesa da anni è adibita, dietro autorizzazione del parroco, a Oratorio. Nel territorio comunale vi è poi la chiesa dedicata al Santo patrono del paese che è San Biagio, questa si trova fuori le mura e vi è annesso il Convento dei Carmelitani appartenevano ai Baroni Camuccini, che negli anni ’80 del secolo scorso li hanno venduti. La Chiesa ha forma rettangolare, lunga 21 passi e larga 8 con facciata a capanna, ornata da pilastri binati di ordine dorico gigante. La porta centrale è sovrastata da una grande finestra rettangolare che illumina la navata centrale. Nel frontone triangolare, che chiude la facciata, compare lo stemma dei Cesi. La Chiesa ha un’unica navata con volta a botte e tre cappelle per lato, con relativi altari forniti di tutte le suppellettili, decorate con tele del XVII secolo, non presenti in situ, per scelta dell’attuale proprietario. Infine, fuori dall’abitato si trova la chiesa di Sant’Adamo considerata la più antica, è una chiesa che porta con sé anche una leggenda. Si trova metà di una lunga salita fra robuste querce e scorci di colline, sembra aspettare con umile benevolenza chi giunge silenzioso: la sua è una storia d’affetto e devozione millenaria che lega gli abitanti di Cantalupo a questo edificio ed a colui che ad esso ha dato il proprio nome, l’eremita Adamo. Adamo è un Beato, che tanto amore e tanta disponibilità aveva verso il prossimo da essere stato “canonizzato” nei cuori e nella tradizione popolare dai suoi conterranei. Si racconta che un giorno Adamo, vedendo un carrettiere in difficoltà lungo la ripida costa che conduce al paese, lasciò prontamente il suo lavoro per aiutarlo a spingere. Fra sbuffi e sudore il carretto riprese dunque ad avanzare e l’uomo già stava per esprimere la sua gratitudine per quell’aiuto provvidenziale, quando, forse involontariamente, il mulo colpì Adamo in fronte con un calcio, facendolo cadere a terra privo di sensi. Subito il mulattiere, adirato con l’animale e prima che il monaco potesse trattenerlo, afferrata una vanga, menò un gran fendente contro la zampa scellerata, recidendola di netto. Quando l’eremita rinvenne, il povero mulo, terrorizzato e sanguinante, se ne stava tremando a fissare il suo zoccolo in terra e – certo – sarebbe morto di lì a poco se nessuno se ne fosse preso cura, ma fu allora che Adamo compì il miracolo per cui tutti lo ricordano: raccolto il povero resto, si avvicinò al mulo sussurrando piano parole di rassicurazione e, con un semplice gesto, riattaccò il moncherino al resto della zampa, risanandola perfettamente. La chiesa è nelle pergamene del 1150 e sorge sulla tomba dell’omonimo eremita. La cappella fu ampliata nel secolo XV e venne costruita l’attuale chiesa, a navata unica, con pitture tardogotiche, esempio importante e raro in Sabina. Nell’abside semicircolare è raffigurata, nel registro superiore, l’Incoronazione della Vergine tra Santa Lucia, San Vicinio, San Sebastiano e Sant’Adamo, riconoscibile dalla zampa di mulo che tiene con la mano destra. Nel registro inferiore, originariamente scandito in quattro riquadri, si intravvedono due raffigurazioni della Vergine, Sant’Adamo e Santa Lucia. Sulle pareti sono affrescati altri Santi, fra cui San Sebastiano, San Francesco e Sant’Antonio da Padova, oltre a una Madonna del Latte e a una Madonna della Misericordia, figurazioni frequenti in Sabina, fatte eseguire quali ex voto dai fedeli.

Per i più appassionati di storia vi è nel territorio comunale il complesso archeologico del Tulliano, situato tra Cantalupo in Sabina e Selci, dista circa 2 chilometri dal centro, ed è fiancheggiato dai resti di una “villa rustica” di età adrianea, appartenente, secondo l’opinione comune, a Marco Tullio Cicerone. La villa si estendeva su un’area di ben due ettari sull’intera collina del Tulliano e comprendeva una zona termale, dove è stata ricavata l’altra abitazione della proprietà “Casa delle Cisterne” o delle “Terme” e dove ancora si può ammirare il pozzo romano in “opus reticolatum”. Nel corso dei secoli la villa ha subito distruzioni e rifacimenti ma nei primi anni del 1800, mostrava ancora la sua imponente bellezza con una molto nobile infilata di androni con archi interni, di costruzione promiscua a bagni, a terme, a palazzi, piuttosto che a sepolcri o templi. La decorazione esterna si compone di piedritti e colonne che sostenevano una trabeazione.

QUALI SONO I PRINCIPALI APPUNTAMENTI? – Di grande importanza per gli abitanti è la festa dedicata al Santo patrono, San Biagio, che i tiene il 3 febbraio ma anche l’antichissima e tradizionale manifestazione in onore di Sant’Adamo, caratterizzata dalla fiera delle merci e del bestiame: la festa si sarebbe normalmente tenuta agli inizi di maggio. Vi è poi la Mostra Mercato delle Stagioni, (seconda domenica di Marzo, Giugno e Settembre Dicembre), una vetrina di prodotti tipici olio, miele, formaggio di pecora e pasta di farro e con mercatini di prodotti artigianali.

Foto: web ©

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