Sepúlveda e quell’applauso del Flavio a Rieti: “Mi fate commuovere. Mi dissero: vieni a conoscere questa gente magnifica”

(di Paola Corradini) Ho avuto la fortuna di conoscere Luis Sepúlveda, scrittore cileno, nel 2016 quando arrivò a Rieti, grazie a Fabrizio Moscato direttore di Liberi sulla Carta, per la serata finale del Premio Letterario. Arrivò a Rieti in una calda serata di settembre accompagnato dalla moglie Carmen e dall’ambasciatore cileno in Italia. Mentre al teatro Flavio Vespasiano era già iniziata la serata, proprio insieme a Fabrizio che ringrazio ancora, andammo ad accoglierlo al suo arrivo. La prima impressione fu quella di un uomo burbero, ma spiegò poi che era solo stanco per il viaggio mentre ci incamminavamo verso l’albergo e io mi trascinavo dietro la sua valigia. Il tempo di lasciare le sue cose in stanza e poi disse che voleva mangiare e bere. Così lo accompagnammo al ristorante dove la prima cosa che chiese fu una bottiglia di vino rosso per “brindare con i miei nuovi amici” mentre l’ambasciatore si intratteneva con il sindaco Petrangeli raccontando del buon vino cileno. Nel frattempo in teatro si chiedevano tutti dove fosse, tanto che ad un certo punto lasciai le quinte per correre a vedere dove fossero finiti tutti. Erano ancora al ristorante a brindare e a raccontarsi storie. Ma il pubblico attendeva impaziente e allora Luis si alzò e disse “possiamo andare”. Ad accoglierlo l’applauso caloroso e sincero della platea.

“Sono molto commosso – le sue parole – un carissimo amico di me compagno di tantissimi anni che si chiama Renato Vivaldi (musicista cileno amico d’infanzia di Sepúlveda e residente a Roma) con cui abbiamo provato a costruire una società migliore per il Cile anche se non abbiamo compiuto tutta questa istoria, ma abbiamo fatto il possibile, mi parlava sempre di questa parte dell’Italia e mi diceva ‘devi conoscere questa gente magnifica, bevono il vino, fanno l’olio, è gente che ride, mangia, è felice e procura felicità. Sono lontani da Roma ma sono genuini hanno uno spazio naturale che è bellissimo ed è gente orgogliosa’. Sono qui da poche ore e ho già capito che il mio amico aveva ragione, questa è una parte del mondo che è meravigliosa”.

E poi si definì “semplicemente uno scrittore, uno che racconta storie che vive e ha avuto una vita intensa soprattutto guardando al passato; mi impegno per fare il mondo più umano e credo che questo deve essere l’impegno di ognuno di noi”. Immancabile l’accenno alla Gabbianella e il gatto, uno dei suoi libri più conosciuti. “Una storia che ho scritto 20 anni fa, nata ad Amburgo, una delle città del mio esilio, in un giorno di pioggia e freddissimo e voglio dirvi che il personaggio principale non sono la gabbianella né il gatto ma la solidarietà, il senso della fratellanza, dell’amore, della comprensione, il rispetto. Oggi credo che se la gabbianella e il gatto si incontrassero e parlassero di questa storia arriverebbero alla stessa conclusione che io avuto 20 anni fa: vivere e convivere nella convinzione che c’è ancora tanto da fare”.

Non se ne andò quella sera Luis, ma volle rimanere a cena con i finalisti e chi aveva conosciuto. Tante le bottiglie di vino, assolutamente rosso, tanti i bicchieri di whisky, le risate, gli abbracci, le fotografie. Se ne andò solo a notte fonda, quando per lui si era diventati tutti amici. Così salutò chi era rimasto “Ciao amici”. Oggi siamo noi a salutarlo, per l’ultima volta con le parole che il gatto dice alla gabbianella: “Vola solo chi osa farlo”. Grazie Luis.

Foto: CORRADINI ©

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