Socialisti: “Riapriamo il dibattito sulle ex aree industriali”

“Che fine hanno fatto le ex aree industriali? Tra i tanti temi che possono incidere sul futuro della Città di Rieti e del suo hinterland ce n’è uno che, a nostro avviso, dovrebbe rappresentare la madre di tutte le battaglie, non solo per gli amministratori comunali ma per tutti i rappresentanti istituzionali del territorio, per le organizzazioni di categoria e dei lavoratori e per la cittadinanza intera- scrive Ivano Paggi, segretario cittadino del Psi – Parliamo delle ex aree industriali, ad oggi ancora l’unica possibilità di svolta vera e profonda per le prospettive di questo territorio. Se è vero che i piccoli interventi possono comunque migliorare le condizioni di vita di una comunità è altrettanto vero che soltanto dai grandi progetti, sostenibili ma strategici, che passa la strada per incidere sul destino delle nuove generazioni”.

“Qualche anno fa, quando ebbi l’onore di far parte del gruppo di lavoro presieduto dal professor Paolo Tigli e del quale era membro anche l’attuale assessore all’urbanistica Antonio Emili, il tema del recupero e rilancio delle ex aree industriali sembrava, se non a portata di mano, quantomeno più vicino. Ora, invece, sembra scomparso dai radar. Ci auguriamo che non si stia sottovalutando l’impatto potenziale che potrebbe avere il rilancio di quello che ormai è il cuore cittadino, con una superficie totale – tra ex Zuccherificio, ex Snia ed ex Montedison – di ben 314mila metri quadrati, oneri di urbanizzazioni stimati in 10milioni di euro e un valore complessivo finale dell’intervento calcolato in circa 300-350milioni di euro. Dal 2010, quando il gruppo di lavoro effettuò un’opera di ricognizione, monitoraggio ed elaborazione senza pari nella storia recente della Città, sono passati molti anni ma le potenzialità di quella porzione di città rimangono intatte. Anzi, per certi versi, alla luce della crisi economica globale degli ultimi anni e della crisi post-sisma locale in corso dal 2016, il recupero delle aree ex industriali presenta potenzialità ancora maggiori. Quante volte in questi anni abbiamo parlato della necessità di scuole sicure? Quante volte abbiamo parlato della necessità di una nuova sede funzionale, moderna e attrattiva sul mercato, dell’Università reatina? Quante volte abbiamo lamentato l’assenza – fatta eccezione per il Teatro Flavio Vespasiano – di spazi dedicati all’intrattenimento, per entrare sul mercato dei concerti e degli spettacoli dal vivo? Quante volte abbiamo immaginato strutture per promuovere tipicità locali e la ricchezza del fattore acqua, distintivo per il nostro territorio? Quante volte abbiamo lamentato l’assenza di un’area fieristica che possa risolvere problemi logistici e anche di marketing del territorio? Oggi, anche grazie a qualche opportunità legata al processo di ricostruzione del Centro Italia e alle politiche comunitarie di incentivazione delle rinnovabili e dell’edilizia sostenibile, abbiamo ancora le chanche per provarci”.

“Ma dobbiamo farlo prima che sia troppo tardi! Passi avanti rispetto al 2010 ne sono stati fatti; basti pensare alle bonifiche intervenute su quelle aree per le quali ringrazio l’ex assessore all’ambiente Carlo Ubertini. Ma adesso dobbiamo fare il salto di qualità e arrivare davvero a qualche risultato concreto. Da analisi dettagliate che l’allora gruppo di lavoro riuscì a mettere in campo venne dimostrato che, con un prevedibile arco temporale medio di intervento di almeno dieci anni, nel recupero delle aree ex industriali avrebbero trovato occupazione almeno 250 persone mentre a regime il numero sarebbe potuto salire fino a 350. Numeri che farebbero gola ancora di più oggi all’economia e alla demografia del territorio. A fronte di queste e di tante altre considerazioni vogliamo lanciare un appello per aprire un grande dibattito pubblico su questo tema. Affinché le aree ex industriali, dopo decenni di abbandono, non siano viste tra qualche altro anno come l’ennesima opportunità persa dal Capoluogo e da tutta la Provincia di Rieti” conclude Paggi.

Foto: RietiLife ©

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