Erri De Luca a Cittaducale fa il pienone, tra salvaguardia della montagna e sviluppo

Invitato a intervenire all’incontro dedicato allo sviluppo locale in montagna, dal titolo “La montagna si fa strada” (17 febbraio), Erri De Luca ha sparigliato subito le carte e ha proposto ai relatori e alla curatrice della serata di non mettersi in cattedra e di sedere per terra, sugli alti scalini della bella Sala della Comunità, stipata di gente accorsa per ascoltare il noto scrittore. Così il sindaco Leonardo Ranalli, il direttore della Sabina Universitas Daniele Mitolo, il coordinatore del corso di Scienze della Montagna Prof. Bartolomeo Schirone, Erri e la moderatrice, una sensibile e competente Francesca Dominici, sono scesi dall’alto podio e hanno scaldato la serata accomodandosi in modo informale.

Daniele Mitolo ha respinto il concetto di montagna come risorsa da sfruttare. Ma in tema di sviluppo e di lavoro ha sottolineato quanto sia complessa la materia: chi pensa che la montagna sia solo stazione turistica per lo sci alpino (se e quando/quanto nevica), chi pensa che la montagna sia il luogo dove fare attività sportiva 360 giorni l’anno, chi difende la montagna come luogo di bellezza poco accessibile proprio perché fa paura, è zona impervia, dove cambia il tempo ed è regno solo di animali selvatici, rocce e boschi. E’ possibile una conciliazione di questi interessi e realtà così diverse per far coabitare in modo equilibrato l’uomo nella natura?

Bartolomeo Schirone ha evidenziato l’importanza della montagna appenninica per la sua conformazione e per gli habitat, per la sua straordinaria biodiversità ancora poco conosciuta ai più. Conoscere e tutelare è obbligo necessario della ricerca scientifica, ma in tema di spopolamento progressivo dell’Appennino (in controtendenza rispetto alle Alpi che registrano il fenomeno dei “ritornanti” a vivere e a lavorare in montagna), anche l’università con le sue prospettive di lavoro può tentare di aprire nuove strade. Una possibile è rappresentata dall’industria 4.0 (startup innovative, autoimprenditorialità di filiera corta, lavoro legato alla dematerializzazione e alla digitalizzazione grazie all’uso del telelavoro e della banda larga). Resta sempre valida quella tradizionale del turismo, ma solo se nell’ottica di una difesa e valorizzazione ambientale, di una ricettività e accoglienza che esalti le peculiarità enogastronomiche locali di qualità. Una montagna piena di casermoni di cemento e di spazi naturali stravolti nel segno dello sviluppo economico non piace a nessuno. La recente legge forestale (incisivo l’intervento di Silvano Landi, lo storico direttore della Scuola Forestale) si presenta più come una minaccia per la sopravvivenza conservativa dei boschi italiani, già distrutti dai drammatici incendi di questa estate (www.montagna.tv). Si possono tagliare intere foreste per rispondere ai giganteschi interessi imprenditoriali sulle biomasse combustibili e sulla lavorazione industriale del legno?

Una grande attenzione del pubblico ha avvolto Erri De Luca. Il quale ha dichiarato che è proprio l’isolamento di sé con l’ambiente montano ad attrarlo. “Frequento il regno minerale  dove non c’è nessuno, ho un rapporto con la montagna come dell’insignificante con l’immenso. Non sono titolare della montagna, ho solo diritto di passaggio perché quel luogo, talvolta ostile (una volta raggiunta la cima mi sbrigo a scendere in fretta), mi ignora”. Altro che sviluppo e campo giochi in terre alte. La montagna attrae perché totalmente diversa e opposta alla città, alle nostre abitudini, ai nostri ritmi. Come arrampicatore che tutt’ora scala sulle pareti strapiombanti di Ferentillo (Umbria) ha dichiarato il suo rapporto senza traccia sulla montagna: “Gli alpinisti hanno competenza sulla montagna ma non hanno intimità. Ecco perché muoiono i più esperti. Io neanche ho intimità. Passo in punta di piedi e in punta di dita”.

La montagna si fa strada. Dal tema dello sviluppo economico della montagna, al tema della montagna come via di comunicazione. Lo scrittore ha ribaltato la visione dei rilievi come confine naturale: “le montagne non sono uno sbarramento ma fitto sistema di comunicazione” e, al contrario delle isole nel mare, ha ribadito che la montagna “non si conquista (un’isola nel mare sì come abbiamo visto nella storia); la montagna  si affranca dalla proprietà privata, è di tutti. Possiamo solo salirci per primi. Le montagne non segnano confini, sono il più fitto passaggio non controllabile da un posto all’altro, sono piene di sentieri che nascono dai passaggi di bestie e pastori. Restaurali, ripristinarli è atto nobile”, incalza.  E poi l’affondo: “La montagna deve intimorire, non può essere addomesticata. Solo lasciando che trasmetta mistero e paura, viene rispettata”, parlando di frane, valanghe e poi di terremoti da cui nacquero in origine le montagne.

E conclude tra gli applausi: «a noi servono più parchi. Giù le mani dalla montagna!». (Di Ines Millesimi)

Foto: RietiLife ©

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