DACIA MARAINI A RIETI PRESENTA IL LIBRO “LA BAMBINA E IL SOGNATORE”

(di Sabrina Vecchi) Quando si pensa ad una scrittrice italiana vivente si pensa a lei, con la perenne riga azzurra sotto la rima inferiore delle ciglia, a sottolineare ulteriormente il color cielo dei suoi occhi. Ma Dacia Maraini non è solo una scrittrice, è una donna che ha fatto della libertà, della divulgazione della cultura in ogni sua forma e della lotta alla violenza di genere una ragione di vita.

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Dopo l’incontro mattutino con gli studenti dell’Istituto Alberghiero, Dacia Maraini – insieme al giornalista Eugenio Murrali – ha incontrato il pubblico alla Biblioteca Paroniana per la presentazione del suo ultimo libro “La bambina e il sognatore“, edito Rizzoli. Dopo tante eroine femminili, questa volta è un uomo, il maestro Nani Pazienza, il protagonista del lavoro della scrittrice. Ma un maestro speciale, un sognatore, uno che non si arrende e che catalizza l’attenzione dei suoi giovani alunni coinvolgendoli raccontando loro affascinanti storie.

La scrittrice ha spiegato che “la narrazione non è solo insegnamento, ma coinvolge tutti i sensi, ed è sempre stato così fin da quando le storie si tramandavano solo oralmente. E quando un bimbo chiede alla madre di raccontargli una storia, lì comincia la letteratura”. Dacia Maraini, profonda conoscitrice di terre e tradizioni proprie di Paesi di ogni latitudine grazie anche agli avventurosi viaggi fatti in compagnia di Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, si dice sgomenta per la situazione dell’integralismo religioso che scuote l’attualità. Dacia quasi si commuove raccontando la gioia delle donne conosciute negli anni settanta in Nigeria: pur poverissime, ma allegre, colorate e soprattutto libere. Cosa che non accade più ora, racconta la Maraini, con una situazione che le costringe a vestirsi di nero e quasi a “strisciare”. E poi, i casi devastanti di coloro che si lasciano esplodere in nome dell’ideologia della morte.

“È mostruoso innamorarsi della morte, perché ciò è contrario alla naturalezza delle cose e capovolge il valore della vita, a cui tutti noi siamo naturalmente attaccati come bene primario. Ma è totalmente sbagliato associare la religione musulmana come inneggiante alla morte. Ciò non è proprio della religione, ma è proprio della costrizione. La fede non si impone. Così come l’amore”. Foto: VECCHI ©

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