30 ANNI SENZA GIANNI MASTROIACO, IL GIOVANE REATINO MORTO ALL’HEYSEL / LA SUA STORIA

(di Stefano Mariantoni) Hanno provato a cambiare il nome, ma la gente di Bruxelles continua a chiamarlo Heysel. Sui muri di mattoni rossi dello stadio Re Baldovino le targhe si trovano un po’ a fatica.

Targa nomi vittime

Sono piccoli rettangoli di pietra, uno esternamente con i trentanove nomi, dentro un altro con trentanove segni incisi “In Memoriam”.

Targa memoria

Gianni Mastroiaco è nel centro di quell’elenco, con i suoi vent’anni rimasti lì, nel settore che non c’è più, perché oggi i settori si fermano alla lettera prima. “V”, come vergogna.

La storia di Gianni è ancora in quello che era il suo desiderio più grande, stare accanto alla sua squadra in un momento così bello: la finale della coppa dei campioni, quel trofeo che la Juventus non aveva vinto mai. Nel mese di maggio piove spesso a Bruxelles. La primavera si affaccia raramente, e quando lo fa, chi può ne approfitta e cerca uno spicchio di prato per prendersi il sereno. Come quello del 29 maggio 1985 che accolse i due pullman dello Juventus Club “Due Stelle”. Il presidente Giancarlo Orsini ottenne cento biglietti: 50 erano per il settore “Z”.

Biglietto del settore Z

 

 

Gianni Mastroiaco, 30 anni dopo

Gianni Mastroiaco

 

Il 5 febbraio scorso avrebbe compiuto 50 anni. Nell’Ottantaquattro si era diplomato Geometra. Papà Raniero, che teneva la Lazio, voleva fargli un bel regalo: “Ti compro la macchina, gli dissi”. Ma lui aveva scelto la Juve. “Se arriva in finale, il prossimo anno, ci vado anch’io, mi rispose. Lavoravamo insieme nella mia ditta di trasporti e movimento terra. All’epoca eravamo impegnati a Perugia e lui, anche se giovane, si stava conquistando la fiducia di tutti”.

Quella in Belgio era la sua seconda trasferta. La prima a Torino, sempre in coppa, qualche turno prima.

“Quando tornò da quel viaggio era entusiasta – racconta sua madre Santa – non parlava d’altro, così insieme a due suoi amici di Casette riuscì a trovare un posto aggregandosi al club di Terni. Incontrò qualche problema per l’espatrio, avendo fatto il rinvio del militare. Riuscì a ottenere un permesso di soli tre giorni all’ultimo momento”.

“La maglia bianconera era una passione difficile da spiegare – racconta suo fratello maggiore Claudio, mostrando un grande pannello di ritagli juventini conservati nella camera di Gianni – i suoi amici lo chiamavano Zoff, perché era il suo idolo, nonostante giocasse come libero, al centro della difesa. Con il suo metro e novanta si faceva rispettare nei palloni alti e a 16 anni già aveva esordito con le squadre dei più grandi”.

Ed eccolo, il gruppo di tifosi reatini nell’ultima foto scattata prima di Juve-Liverpool. Tutto sembra tranquillo, c’è una pace strana: Gianni ha la sciarpa al collo e regge un bandierone a quadri bianconeri col bordo tricolore, il primo dei tre da sinistra.

Prima dell'Heysel

Poi l’ingresso allo stadio, la follia degli attacchi hooligans. Tanta violenza, troppo alcool venduto da due giorni, pochissimi gendarmi, lo stadio cade a pezzi. Non ha gli opportuni corridoi di soccorso. Ha muri di divisione fatiscenti. Non si è pensato ad assicurare adeguate uscite di sicurezza. E i limiti di capienza dell’impianto sono stati superati abbondantemente. Inevitabile il panico nella fetta di curva bianconera dov’era Gianni. I lanci di pietre dal settore “Y”, le cariche, la fuga e la calca, in basso verso il prato dove le forze dell’ordine all’inizio impediscono il deflusso, a destra verso il muro che poco dopo crollerà.

Stadio

 

Il valore del sacrificio

“Avremmo voluto che il sacrificio di Gianni e delle altre 38 vittime dell’Heysel portasse un cambiamento nel modo di vivere il calcio e di tifare – aggiungono i familiari – da quello che accade quasi ogni domenica ci accorgiamo che non è così. Quando è la violenza a vincere, la memoria del nostro dramma non viene rispettata. Ogni anno abbiamo cercato di tenere vivo il ricordo di nostro figlio con delle manifestazioni sportive e religiose. Anche quest’anno sarà così. Oggi alle 18 al campo sportivo di Casette, il parroco Don Nicola celebrerà una messa a cui speriamo parteciperanno in tanti”.

 

Poteva essere fatto di più, per custodire il ricordo di Gianni Mastroiaco. C’è rammarico nei familiari per cui era lecito attendersi un’attenzione maggiore da parte delle istituzioni. La Juventus intanto continua a scrivere ogni anno invitando i familiari delle vittime a Torino per la messa in suffragio con i dirigenti. E’ arrivata nei giorni scorsi, l’ultima lettera firmata da Andrea Agnelli.

“Ma in tutti questi anni pochi si sono impegnati per dedicare un tributo a nostro figlio. Come quando nel 2000 si organizzò un incontro con Marco Tardelli, che venne con la nazionale Under 21 e ci volle conoscere. Quando si doveva decidere l’intitolazione dello stadio di Rieti, grazie all’iniziativa di un quotidiano, furono tantissimi a votare il nome di Gianni. Ci fu un plebiscito che non è stato tenuto in considerazione. Nessuna strada, nessuna piazza, nessun luogo pubblico è stato dedicato a lui, ancora oggi. C’è chi però vive la memoria come un impegno e non ci fa mai mancare il suo affetto. Vincenzo Di Gregorio, ad esempio, nell’85 era un ragazzo come Gianni ed erano insieme a Bruxelles. Il due novembre di ogni anno è venuto a trovarci per portarci il suo abbraccio”.

Referendum Stadio di Rieti

Intanto c’è un giovane Mastroiaco che cresce, si chiama Giorgio e ha 15 anni: gioca in difesa come suo zio Gianni, ma sulla fascia. “Anche lui ha la passione del calcio. In più, ama la musica – racconta papà Claudio – sarebbe bello per noi organizzare un piccolo Memorial con lui in campo”.

 

I numeri dell’Heysel

 

Pagarono con la vita, per cause che nei verbali furono principalmente definite “accidentali”: 36 uomini, 2 donne, 1 bambino. Sono 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e un irlandese. Il bilancio include 400 feriti, di cui 257 in modo serio. Pagheranno con 5 anni di sospensione dalle competizioni europee le squadre inglesi (6 aggiunti per il Liverpool dopo la riammissione nel 1990). Due turni a porte chiuse per la Juventus in Coppa Campioni, l’anno seguente. Dieci furono gli anni d’inibizione alla federazione Belga per l’organizzazione di finali internazionali.

 

 

Le sentenze

 

Ci sono voluti tre gradi di giudizio, per attribuire le responsabilità della tragedia. Fino all’appello. La prima udienza è del 12 marzo 1990. Le sentenze del 26 giugno 1990 furono confermate in cassazione nel 1991. Dei 10 condannati al primo giudizio: 1 imputato assolto per “insufficienza” di prove, 9 condannati a 4 anni, con la condizionale e 60.000 franchi di ammenda. Altri 3 condannati a 5 anni con la condizionale e 60.000 franchi d’ammenda. Ad Hans Bangerter, segretario dell’ Uefa, 3 mesi con la condizionale e 30.000 franchi di ammenda. Riduzione a 3 mesi con la condizionale e 500 franchi di multa al maggiore Michel Kensier della Gendarmeria. Assoluzione al capitano Mahieu della Gendarmeria. (http://www.saladellamemoriaheysel.it/Numeri_e_Heysel.html – LAppello__)

 

 

 

Ecco cosa accadrà all’Heysel

 

Due anni fa è stato ufficializzato che lo stadio Re Baldovino sarà definitivamente demolito per lasciare spazio ad un nuovo stadio nazionale. La nuova struttura sorgerà vicina allo stadio attuale, sull’area attualmente occupata da un grande parcheggio, nel comune fiammingo di Grimbergen. Le autorità belghe, in risposta ufficiale ad una petizione popolare promossa dal Comitato “Per non dimenticare Heysel” di Reggio Emilia e da Saladellamemoriaheysel.it, condivisa con alcuni familiari delle vittime e sostenuta bipartisan da alcuni parlamentari europei italiani, si sono impegnate a preservare dalla demolizione la meridiana-monumento ed a ricollocare degnamente anche le due targhe in memoria nella nuova struttura. Foto: MARIANTONI ©

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