COGNOME DELLA MADRE AI FIGLI? È UN DIRITTO

(di Valentina Fabri) Tutto iniziò con la nascita di Maddalena, nel 1999, quando gli impiegati dell’anagrafe di Milano negarono alla sua famiglia la possibilità di registrarla col cognome della mamma. Proprio allora cominciò la battaglia di Alessandra Cusan e di suo marito Luigi Fazzo, di professione avvocato. La coppia milanese fece ricorso al tribunale di Milano, che lo rigettò asserendo che, anche se non c’era una legge specifica che imponesse di dare il cognome del padre ai figli, questa era tuttavia una regola radicata nella coscienza sociale e nella storia italiana. Il caso arrivò fino alla Corte Costituzionale, ma tutto questo non cambiò lo scenario. Fino ad arrivare alla cronaca più recente. È di pochi giorni fa la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo secondo la quale “I genitori devono avere il diritto di dare ai figli il solo cognome materno”. Nella sentenza, che diverrà definitiva tra 3 mesi, i giudici indicano che l’Italia “deve adottare riforme legislative o di altra natura per rimediare alla violazione riscontrata”. «Sono ovviamente entusiasta – ha detto Alessandra Cusan – è un altro passo avanti verso il progresso e servirà un’implicazione diretta sul nostro caso, ma occorre aspettare che l’Italia legiferi. Poi non so cosa decideremo per nostra figlia e gli altri due nati nel frattempo, ma di sicuro spero che quando saranno genitori loro possano scegliere liberamente». Tutti e tre i figli, ha precisato la donna, attualmente hanno anche il suo cognome, in base a un’autorizzazione data per via amministrativa. «Una specie di cortesia che viene fatta, quella di poter aggiungere il cognome materno – ha aggiunto la Cusan – ma non è la stessa cosa del poter scegliere…». UN DIRITTO Ancora una volta, purtroppo, l’Italia si è dimostrata bersaglio facile per le ammonizioni dell’Europa; una chiusura mentale, frutto di un attaccamento incondizionato (forse troppo!) ai principi costituzionali, che mal si concilia con la comune volontà di progresso cui molti connazionali fanno riferimento (e i coniugi di Milano ne sono l’esempio lampante) nelle loro battaglie. Ci troviamo, in barba ad ogni logica, in posizione di arretratezza rispetto a Paesi, comunemente considerati inferiori in quanto a sviluppo ed istituzionalizzazione (ne è un esempio il Brasile, Paese nel quale è quantomeno prevista la compresenza del cognome materno e paterno). In nome di questa emancipazione negata sono nate associazioni, come Equity Italia, che, con la campagna “Nel nome della madre” ha intrapreso la strada della sensibilizzazione verso una tematica, questa, ingiustamente sottovalutata. Penso che il progresso passi anche da qui. Non importa la considerazione personale che ognuno di noi ha riguardo certi argomenti. L’emancipazione femminile è un viaggio che, per fortuna o purtroppo non avrà mai una meta. Ci sarà sempre un diritto da conquistare, qualcosa in cui credere e per cui battersi. Le donne del passato ce lo hanno insegnato e se quelle del presente, come Alessandra Cusan, nel loro piccolo fanno tesoro di questi insegnamenti portando avanti ciò in cui credono, ritengo sia dovere di tutte noi guardare oltre. Maddalena sarà una mamma che potrà scegliere, perché qualcuno per lei avrà conquistato questo diritto. Credo basti questo. Ora la parola passa a voi, lettrici di DonnaLife, perché possiate dirci la vostra. Foto: RietiLife ©

 

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